Ricorso ex art. 127, comma 2, della  Costituzione  della  Regione
Liguria (c.f.  00849050109),  in  persona  del  Presidente  e  legale
rappresentante pro tempore, dott. Giovanni Toti, con sede  legale  in
Genova - piazza De Ferrari n. 1 - rappresentata e difesa, ai fini del
presente giudizio, dall'avv. Pietro  Piciocchi  del  Foro  di  Genova
(c.f. PCCPTR77H10D969U - p.e.c. pietro.piciocchi@ordineavvgenova.it),
con domicilio eletto presso il suo studio in Genova -  via  Assarotti
n. 48/6 - giusta  procura  speciale  in  calce  al  presente  atto  e
delibera della giunta regionale n. 81 dell'11 febbraio 2022 (doc.  n.
1); contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, in  persona  del
Presidente del Consiglio dei ministri  e  legale  rappresentante  pro
tempore; 
    per  l'annullamento  dell'art.  1,  comma  172,  della  legge  30
dicembre 2021, n. 234, per contrasto con gli articoli 5 e 119,  commi
1, 3, 4 e 5, della Costituzione, limitatamente alle parole: 
        «Al   fine   di   rimuovere   gli   squilibri    territoriali
nell'erogazione del servizio di asilo nido  in  attuazione  dell'art.
117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, all'art. 1, comma
449, della legge 11 dicembre 2016, n. 232,», 
    e nella parte in cui prevede: 
        «, quale quota  di  risorse  finalizzata  a  incrementare  in
percentuale, nel limite delle risorse disponibili per  ciascun  anno,
il numero dei posti nei  servizi  educativi  per  l'infanzia  di  cui
all'art. 2, comma 3, lettera a), del decreto  legislativo  13  aprile
2017, n. 65, sino al raggiungimento di un livello minimo che  ciascun
comune o bacino territoriale e' tenuto a garantire. Il livello minimo
da garantire di cui al periodo precedente e'  definito  quale  numero
dei posti dei predetti servizi educativi per l'infanzia,  equivalenti
in termini di costo standard al servizio a tempo pieno dei  nidi,  in
proporzione alla popolazione ricompresa nella fascia di eta' da tre a
trentasei mesi, ed e' fissato  su  base  locale  nel  33  per  cento,
inclusivo del servizio privato. In considerazione  delle  risorse  di
cui al  primo  periodo  i  comuni,  in  forma  singola  o  associata,
garantiscono,  secondo  una  progressione  differenziata  per  fascia
demografica  tenendo  anche  conto,  ove  istituibile,   del   bacino
territoriale  di  appartenenza,   il   raggiungimento   del   livello
essenziale  della  prestazione  attraverso  obiettivi   di   servizio
annuali.  Dall'anno  2022  l'obiettivo  di   servizio,   per   fascia
demografica del comune o del bacino territoriale di appartenenza,  e'
fissato con il decreto di cui al sesto periodo,  dando  priorita'  ai
bacini territoriali piu' svantaggiati e tenendo conto di  una  soglia
massima del 28,88 per cento, valida  sino  a  quando  anche  tutti  i
comuni  svantaggiati  non  abbiano  raggiunto  un  pari  livello   di
prestazioni. L'obiettivo di servizio e' progressivamente incrementato
annualmente sino  al  raggiungimento,  nell'anno  2027,  del  livello
minimo garantito del 33 per cento su base locale, anche attraverso il
servizio privato. Il contributo di cui al primo periodo e'  ripartito
entro il 28 febbraio 2022 per l'anno 2022 ed  entro  il  30  novembre
dell'anno precedente a quello di riferimento per gli anni  successivi
con decreto del Ministro dell'interno, di concerto  con  il  Ministro
dell'economia  e  delle  finanze,  il  Ministro  dell'istruzione,  il
Ministro per il Sud e la coesione territoriale e il Ministro  per  le
pari opportunita' e la famiglia, previa intesa in sede di  Conferenza
Stato-citta' ed  autonomie  locali,  su  proposta  della  Commissione
tecnica per i fabbisogni standard, tenendo  conto,  ove  disponibili,
dei costi standard per  la  funzione  "Asili  nido"  approvati  dalla
stessa Commissione. Con il decreto  di  cui  al  sesto  periodo  sono
altresi' disciplinati gli obiettivi di  potenziamento  dei  posti  di
asili nido da conseguire, per ciascuna fascia demografica del  bacino
territoriale  di  appartenenza,  con  le  risorse  assegnate,  e   le
modalita' di  monitoraggio  sull'utilizzo  delle  risorse  stesse.  I
comuni possono procedere all'assunzione del personale necessario alla
diretta gestione dei servizi educativi per l'infanzia utilizzando  le
risorse di cui alla presente lettera e nei limiti  delle  stesse.  Si
applica l'art. 57, comma 3-septies, del decreto-legge 14 agosto 2020,
n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13  ottobre  2020,
n. 126», 
    anziche' 
        «da  distribuire  in  conformita'  alla  lettera  c),   primo
periodo, del presente comma»; 
        dell'art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2021, n. 234,
per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1,  3,  4  e  5,  della
Costituzione, nella parte in cui prevede «, quale  quota  di  risorse
finalizzata a incrementare, nel limite delle risorse disponibili  per
ciascun anno e dei livelli essenziali  delle  prestazioni  (LEP),  il
numero di studenti disabili frequentanti la scuola dell'infanzia,  la
scuola primaria e la scuola  secondaria  di  primo  grado,  privi  di
autonomia a cui viene fornito il trasporto per  raggiungere  la  sede
scolastica. Il contributo di cui al primo periodo e' ripartito, entro
il 28 febbraio 2022 per l'anno 2022 ed entro il 30 novembre dell'anno
precedente a quello di  riferimento  per  gli  anni  successivi,  con
decreto del  Ministro  dell'interno,  di  concerto  con  il  Ministro
dell'economia  e  delle  finanze,  il  Ministro  dell'istruzione,  il
Ministro per il Sud e la coesione territoriale, il  Ministro  per  le
disabilita' e il Ministro per le pari  opportunita'  e  la  famiglia,
previa intesa in sede di Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali,
su proposta della Commissione  tecnica  per  i  fabbisogni  standard,
tenendo conto, ove disponibili,  dei  costi  standard  relativi  alla
componente trasporto disabili della  funzione  "Istruzione  pubblica"
approvati dalla stessa Commissione. Fino alla  definizione  dei  LEP,
con il suddetto decreto sono altresi' disciplinati gli  obiettivi  di
incremento della percentuale di  studenti  disabili  trasportati,  da
conseguire con le risorse assegnate, e le modalita'  di  monitoraggio
sull'utilizzo delle risorse stesse.  Le  somme  che,  a  seguito  del
monitoraggio di cui al periodo precedente, risultassero non destinate
ad assicurare l'obiettivo  stabilito  di  incremento  degli  studenti
disabili trasportati gratuitamente sono recuperate a valere sul Fondo
di solidarieta' comunale attribuito ai medesimi comuni o, in caso  di
insufficienza dello stesso, secondo le modalita' di cui ai commi  128
e 129 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228», 
    anziche' 
        «da  distribuire  in  conformita'  alla  lettera  c),   primo
periodo, del presente comma»; 
        dell'art. 1, comma 563, legge 30 dicembre 2021, n.  234,  per
contrasto con gli articoli 5  e  119,  commi  1,  3,  4  e  5,  della
Costituzione, nella parte in cui  prevede  «All'art.  1,  comma  449,
lettera d-quinquies), della legge 11  dicembre  2016,  n.  232,  sono
apportate le seguenti modificazioni: a) dopo il secondo periodo  sono
inseriti i seguenti: "Per le  medesime  finalita'  di  cui  al  primo
periodo, il Fondo di  solidarieta'  comunale  e'  destinato,  per  un
importo di 44 milioni di euro per l'anno 2022, di 52 milioni di  euro
per l'anno 2023, di 60 milioni di euro per l'anno 2024, di 68 milioni
di euro per l'anno 2025, di 77 milioni di euro per l'anno 2026, di 87
milioni di euro per l'anno 2027, di 97 milioni  di  euro  per  l'anno
2028, di 107 milioni di euro per l'anno 2029 e di 113 milioni di euro
annui a decorrere dall'anno 2030, in favore dei comuni della  Regione
siciliana e della Regione Sardegna,», 
    anziche' 
        «Ai sensi del quinto comma dell'art. 119 della  Costituzione,
in  favore  dei  comuni  della  Regione  siciliana  e  della  Regione
Sardegna, e' destinato un importo di 44 milioni di  euro  per  l'anno
2022, di 52 milioni di euro per l'anno 2023, di 60  milioni  di  euro
per l'anno 2024, di 68 milioni di euro per l'anno 2025, di 77 milioni
di euro per l'anno 2026, di 87 milioni di euro per l'anno 2027, di 97
milioni di euro per l'anno 2028, di 107 milioni di  euro  per  l'anno
2029 e di 113 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2030 per il
finanziamento e lo sviluppo dei servizi sociali  comunali  svolti  in
forma singola e associata»; 
        dell'art. 1, comma 564, della legge 30 dicembre 2021, n. 234,
per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1,  3,  4  e  5,  della
Costituzione, limitatamente alle parole «In considerazione di  quanto
disposto dai commi 172, 173, 174 e 563 del presente articolo». 
 
                                Fatto 
 
    1) Il consiglio delle autonomie  locali  della  Regione  Liguria,
istituito con legge regionale n. 11/2011, con delibera n.  4  del  27
gennaio 2022 (doc. n. 2), ha formulato istanza  al  Presidente  della
giunta regionale della Liguria, ai sensi dell'art. 32, comma 2, della
legge n. 87/1953, ai  fini  della  proposizione  di  ricorso  in  via
principale a codesta ecc.ma Corte costituzionale  per  l'annullamento
delle  disposizioni  di  cui  in  epigrafe  che,  in  ragione   della
violazione dei parametri di seguito  precisati,  appaiono  gravemente
lesive  dell'autonomia  finanziaria   dei   comuni   della   Liguria,
costituzionalmente garantita, e della loro capacita' di spesa. 
    Tali disposizioni, infatti,  prevedono  significativi  incrementi
delle risorse statali del  Fondo  di  solidarieta'  comunale  di  cui
all'art. 1,  comma  448,  della  legge  11  dicembre  2016,  n.  232,
assoggettando,  tuttavia,  le  stesse   a   penetranti   vincoli   di
destinazione, non in linea con il dettato costituzionale. 
    In  particolare,  la   marcata   tendenza   del   legislatore   a
condizionare i trasferimenti in favore delle  amministrazioni  locali
al  conseguimento  di  specifici  obiettivi  inerenti  alle  funzioni
fondamentali loro assegnate non appare coerente  con  il  consolidato
magistero di codesta ecc.ma Corte in ordine al  corretto  atteggiarsi
dei rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali, con
particolare  riferimento   alla   disciplina   costituzionale   degli
strumenti di perequazione. 
    2) E' certamente fatto noto come, dopo  la  riforma  della  parte
seconda della Costituzione, il percorso di attuazione  dell'art.  119
della Costituzione sia  stato  particolarmente  travagliato  e  resti
tuttora largamente incompleto, complici  le  manovre  restrittive  di
finanza  pubblica  che  negli  anni  trascorsi  hanno  imposto   alle
amministrazioni locali un contributo straordinario agli obiettivi  di
risanamento dello Stato, privandole  di  risorse  essenziali  per  il
corretto dispiegarsi delle funzioni ad esse attribuite. 
    In tale contesto, non puo' tralasciarsi di menzionare la legge  5
marzo 2009, n. 42  (delega  al  Governo  in  materia  di  federalismo
fiscale, in attuazione dell'art. 119 della Costituzione) che, anche a
seguito di intense esortazioni da parte di codesta ecc.ma  Corte,  ha
indubbiamente costituito fino ad oggi il  tentativo  piu'  maturo  di
imprimere concretezza alle nuove disposizioni costituzionali. 
    Sennonche', tale disegno di  attuazione  della  Costituzione  nel
campo dell'autonomia finanziaria, come anche codesta ecc.ma Corte  ha
piu' volte avuto modo di rimarcare (ex multis  Corte  costituzionale,
sentenza n. 40 del 2022), e' restato mutilato. 
    3) Con specifico riferimento,  poi,  al  federalismo  municipale,
nell'esercizio della delega conferita al Governo, e'  stato  adottato
il decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, che  aveva  previsto  un
significativo  potenziamento  dell'autonomia  tributaria  dei  comuni
(cfr. articoli 2, 7,  8,  9  e  11),  in  luogo  dell'abolizione  dei
trasferimenti dello Stato, nella prospettiva di superare il paradigma
della finanza derivata in favore di un sistema di  finanza  autonoma,
con precise garanzie a favore dell'integrita'  dei  bilanci  comunali
(cfr. art. 12). 
    Quanto agli strumenti di perequazione, il decreto in esame  aveva
istituito  con  l'art.  2,  comma  3,  il   Fondo   sperimentale   di
riequilibrio per la durata di anni tre, da alimentarsi con il gettito
dei tributi indicati nei commi 1 e 2, tutti relativi alla  fiscalita'
immobiliare dello Stato, e mediante una compartecipazione al  gettito
dell'IVA, nella logica di un sistema di perequazione verticale. 
    A regime, invece, sarebbe entrato in vigore il  definitivo  Fondo
perequativo per i comuni previsto dall'art. 13 della menzionata legge
delega  sul  federalismo  fiscale,  articolato  in  due   componenti,
relative, rispettivamente, alle funzioni fondamentali e alle funzioni
non fondamentali, ed alimentato con risorse statali. 
    4) Cio' posto, a distanza di oltre dieci anni  dalla  definizione
di questo percorso di attuazione del dettato costituzionale, si  deve
prendere  atto  di  come  il  sistema  della  finanza  locale   abbia
intrapreso una direzione diametralmente opposta in quanto  lo  Stato:
i) attraverso tagli lineari di carattere  strutturale,  ha  soppresso
completamente i trasferimenti ordinari agli  enti  locali  che  prima
operavano  sui  Fondi   perequativi;   ii)   nell'effettuare   queste
soppressioni, non ha  posto  la  minima  attenzione  all'esigenza  di
consentire una correlata dilatazione  dell'autonomia  tributaria  dei
comuni, cosi' come  voluto  dalla  Costituzione,  tale  da  mantenere
invariate le risorse, posto  che  anche  i  tributi  di  cui  si  era
prefigurata la devoluzione ai comuni in base all'art. 2  del  decreto
legislativo 14 marzo 2011, n. 23, sono  rimasti  saldamente  in  capo
all'amministrazione centrale; iii)  inoltre,  al  fine  di  sopperire
all'assenza dello Stato nella perequazione,  una  quota  estremamente
rilevante  dell'IMU  dei  comuni,  viene   ogni   anno   forzosamente
trattenuta per alimentare il Fondo di solidarieta' comunale  ai  fini
del successivo riparto tra gli enti locali. 
    A tale ultimo  proposito,  come  evidenziato  dall'Ufficio  studi
della Camera dei deputati in un recente dossier,  datato  5  febbraio
2021 e dedicato al tema delle risorse per i comuni, «va  sottolineato
che sul funzionamento del Fondo di solidarieta',  e  in  particolare,
sotto  il   profilo   distributivo   delle   risorse   effettivamente
disponibili per ciascun comune, hanno inciso  profondamente  i  tagli
determinati dalle misure di  finanza  pubblica  poste  a  carico  dei
comuni a partire dall'anno 2010,  applicati  sulla  base  di  criteri
diversi  (spending  review,  revisione  base   imponibile   dell'IMU,
riduzione  del  Fondo  di  solidarieta'  comunale).  In  particolare,
l'ingente concorso alla finanza pubblica richiesto ai comuni a valere
sulle risorse del Fondo di solidarieta' comunale,  ha  modificato  la
struttura del  Fondo  medesimo  che  -  tolta  la  quota  ristorativa
destinata alla compensazione delle minori entrate IMU  TASI,  coperta
con risorse statali - e' divenuta orizzontale, essendo ormai il Fondo
alimentato  esclusivamente   dai   comuni   attraverso   il   gettito
dell'imposta municipale propria (per una quota del 22,43%  circa  2,8
miliardi)  e  non  anche  dalla  fiscalita'  generale,  come   invece
richiesto dalla legge  n.  42  del  2009,  in  riferimento  al  Fondo
perequativo per le funzioni fondamentali. Tale situazione dipende dal
fatto che la componente verticale, finanziata dallo Stato,  di  fatto
e' stata annullata dai tagli delle risorse del Fondo derivanti  dalle
misure di concorso alla finanza pubblica previste per i comuni  sulla
base dei principi del coordinamento della finanza pubblica negli anni
2010-2015 (per un effetto cumulati di oltre 7,7 miliardi di euro  nel
2019) tanto da diventare un "trasferimento negativo", nel  senso  che
e' il comparto dei comuni che finisce con il trasferire risorse  allo
Stato». 
    Questa  situazione  di  rilevante  criticita'  nel   sistema   di
finanziamento dei  comuni  permane  tuttora,  producendo  conseguenze
gravi, come dimostra l'incremento degli  enti  locali  in  squilibrio
strutturale: a titolo esemplificativo, e' sufficiente ricordare come,
solo considerando i grandi capoluoghi italiani, su quattordici comuni
sedi di citta' metropolitane, ben nove  sono  deficitari,  a  riprova
della condizione assolutamente critica in cui versa la finanza locale
nel nostro Paese. 
    5) Tali aspetti sono gia' stati portati all'attenzione di codesta
ecc.ma Corte in un giudizio promosso dal  consiglio  delle  autonomie
locali della Liguria, sfociato nella sentenza n. 220 del 2021,  dove,
pur essendo state dichiarate infondate le questioni  sollevate,  sono
state,  nondimeno,  rilevate  sperequazioni   e   «criticita'   nella
distribuzione  delle  risorse  tra  i  comuni  italiani»,  derivanti,
secondo  l'analisi  svolta  nell'autorevole  pronuncia,  dal  mancato
adeguamento dei valori catastali in numerose realta' comunali e -  ai
fini  che  in  questa  sede  rilevano  -  «dal  carattere   meramente
orizzontale cha aveva assunto il FSC». 
    L'istruttoria,  che  ha  conosciuto  l'audizione  del  Ragioniere
generale dello Stato e del Presidente di IFEL, ha fatto emergere come
nel sistema della finanza locale esista uno sbilancio strutturale  di
oltre 7,3 miliardi di euro tra  il  valore  delle  capacita'  fiscali
standard dei comuni e l'ammontare  dei  fabbisogni  standard,  intesi
come dimensione delle risorse necessarie  per  lo  svolgimento  delle
funzioni  fondamentali  di  ciascun  comune,  in  condizioni  normali
(26.410 milioni di euro il  valore  dei  fabbisogni  standard  contro
18.961 milioni di euro il valore delle capacita' fiscali). 
    Il dato viene riportato a pag.  37  della  relazione  istruttoria
depositata da IFEL, e datata 5 giugno 2021,  che  si  versa  in  atti
(doc. n. 3). 
    Sempre l'IFEL, con successiva relazione integrativa (pag. 5),  ha
dimostrato come tra il 2010 e il 2019  le  risorse  standard  per  il
comparto dei comuni siano crollate del 35% da 23,8 a 15,5 miliardi di
euro (doc. n. 4). 
    6) Ne deriva che il paradigma di una  finanza  autonoma,  sancito
nella Costituzione, e' rimasto del tutto disatteso e, rispetto ad  un
passato in cui era lo Stato a trasferire risorse ai comuni, oggi sono
i comuni che trasferiscono risorse allo Stato, mediante un sistema di
perequazione   essenzialmente   orizzontale,   attingendo   in   modo
particolarmente significativo alla propria fiscalita' in un contesto,
peraltro, di «mutilazione» dell'autonomia tributaria per  effetto  di
manovre di finanza pubblica sempre piu' restrittive  per  le  ragioni
dei comuni. 
    Da cio' e' conseguito che la finanza  locale,  a  dispetto  della
propugnata autonomia, nel giro di pochi anni ha dovuto  assorbire  la
sterilizzazione dei trasferimenti storici dello Stato, sui  quali  si
reggeva la stabilita' dei bilanci comunali, e la  privazione  di  una
cospicua  quota  di  gettito  della  propria   IMU   destinata   alla
solidarieta'  intercomunale,  essendosi   lo   Stato,   come   detto,
inammissibilmente ritirato  dai  suoi  obblighi  perequativi  sanciti
dalla Costituzione. 
    Come evidenziato anche dalla piu' autorevole dottrina, «in Italia
il  sistema  della  finanza  municipale  disegna  ormai   un   quadro
insostenibile,  fonte  di  inaudite  complicazioni  e  di  gravissime
alterazioni dei fondamentali presupposti  che  permettono  l'ordinato
sviluppo del sistema fiscale e delle stesse  autonomie.  Per  effetto
congiunto delle manovre anticrisi degli ultimi anni e  di  una  buona
dose di sciatteria legislativa e amministrativa, infatti, il  sistema
attuale  dell'imposta  municipale:  non  rispetta  il  principio   di
semplificazione, che e' un  presupposto  fondamentale  in  un  quadro
istituzionale composto da oltre ottomila comuni; non rende possibile,
per effetto della  riserva  allo  Stato  di  una  quota  dell'imposta
municipale, quella accountability che costituisce la  giustificazione
democratica del decentramento  del  prelievo  tributario;  (...)  non
consente, a causa del continuo cambiamento normativo  e  il  costante
inserimento di misure di  contenimento  della  spesa  locale,  quella
certezza  di  risorse  che  e'  presupposto  indispensabile  per   la
programmazione» (L. Antonini, Armonizzazione  contabile  e  autonomia
finanziaria degli enti territoriali, rivista A.I.C. 1/2017). 
    7) Ebbene, solo da ultimo - e  venendo  all'oggetto  dell'odierna
impugnazione - il legislatore ha avviato una lenta ricostituzione  di
risorse statali ad integrazione del Fondo di  solidarieta'  comunale:
cio', tuttavia, non nella logica autentica della perequazione -  che,
stante i principi  costituzionali,  dovrebbe  essere  interamente,  o
quantomeno prevalentemente,  di  natura  verticale  -,  bensi'  nella
prospettiva di vincolare in modo assai  stringente  l'erogazione  dei
finanziamenti aggiuntivi a specifiche destinazioni in  ambiti  propri
dell'autonomia locale. 
    A tal proposito, si rammenta che codesta  ecc.ma  Corte,  con  la
sentenza n. 61 del 2018, ha affermato che, con specifico  riferimento
alla perequazione di cui al comma 3 dell'art. 119 della Costituzione,
«la nostra Carta costituzionale contempla un sistema  perequativo  di
tipo verticale che prevede l'intervento diretto a carico dello  Stato
(...)». 
    Ne consegue che il legislatore, al fine di conformare il  sistema
attuale di perequazione al paradigma disciplinato dalla costituzione,
dovrebbe impegnarsi nella ricostituzione di risorse sempre  maggiori,
a carico del bilancio dello  Stato,  ad  integrazione  del  Fondo  di
solidarieta' comunale, in sostituzione delle quote  di  alimentazione
che  oggi  provengono  dalla  trattenuta  del  gettito  dell'IMU   di
pertinenza delle amministrazioni locali, cio', segnatamente, al  fine
di ridurre quell'insostenibile distanza tra la  dimensione  economica
dei  fabbisogni  standard  e  l'ammontare  delle  capacita'   fiscali
standard. 
    Le  disposizioni   impugnate,   al   contrario,   perpetuano   un
atteggiamento   di   mantenimento   di   un    sistema    perequativo
essenzialmente orizzontale, assoggettando tutte le ulteriori  risorse
di derivazione statale ad obblighi di destinazione assai puntuali. 
    E valga il vero. 
    8) Con riserva di specifico esame in  sede  di  formulazione  dei
singoli motivi di censura, a fini descrittivi  e  in  ordine  logico,
occorre muovere dal comma 564 dell'art. 1  della  legge  30  dicembre
2021, n. 234, che prevede  un  graduale  incremento  della  dotazione
complessiva del Fondo di solidarieta' comunale fino all'anno 2030 per
recepire il contenuto delle disposizioni di cui ai commi 172,  174  e
563 della medesima legge che,  rispettivamente,  assegnano  ulteriori
contributi, nella quantificazione indicata in ciascuna di esse, a: i)
incremento dei posti nei servizi  educativi  per  l'infanzia  di  cui
all'art. 2, comma 3, lettera a), del decreto  legislativo  13  aprile
2017, n. 65; ii) quota di  servizi  aggiuntivi  nel  trasporto  degli
alunni con disabilita'; iii) finanziamento  e  sviluppo  dei  servizi
sociali comunali svolti in forma singola e associata dei soli  comuni
della Regione Sardegna e della Regione siciliana. 
    Tutte le disposizioni impugnate - ad eccezione dell'art. 1, comma
564, che, come evidenziato, ha la funzione  di  adeguare  l'ammontare
complessivo del Fondo di cui all'art. 1, comma 448,  della  legge  11
dicembre 2016, n. 232, alle risorse previste nei commi precedenti  in
ragione dei vincoli di destinazione sopra ricordati - sono accomunate
dalla definizione di stringenti obiettivi di servizio e prevedono  il
riparto dei relativi finanziamenti attraverso  decreti  ministeriali,
previa intesa in sede di Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali,
su proposta della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. 
    9) Obbiettivo della presente impugnativa, pertanto, e' quello  di
ottenere la declaratoria di  incostituzionalita'  delle  disposizioni
impugnate, preservando le maggiori risorse  stanziate  a  valere  sul
Fondo  di  solidarieta'   comunale   come   necessario   apporto   di
perequazione verticale da parte dello Stato,  anche  ai  sensi  della
clausola di salvaguardia dell'esercizio integrale delle  funzioni  di
cui al  comma  4  dell'art.  119  della  Costituzione  (che  postula,
evidentemente, un'adeguata dotazione  del  Fondo),  da  ripartire,  a
seguito  dell'eliminazione  dei  vincoli  di  destinazione  ad   esse
illegittimamente imposte,  secondo  il  criterio  proprio  del  Fondo
perequativo  stabilito  dal  comma  3  della  medesima   disposizione
costituzionale, come declinato dal legislatore ordinario nella regola
generale sancita dal comma 449, lettera c), dell'art. 1  della  legge
11 dicembre 2016, n. 232, consistente, segnatamente, nella differenza
tra le capacita' fiscali e  i  fabbisogni  standard  approvati  dalla
Commissione tecnica per i fabbisogni standard. 
    Tale soluzione, una volta estromessi i vincoli  di  destinazione,
discende a rime obbligate dal fondamentale parametro di cui  all'art.
119, comma 3, della Costituzione, secondo cui «la legge  dello  Stato
istituisce un Fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i
territori con minore capacita' fiscale per abitante». 
    Quanto si chiede a codesta ecc.ma Corte, in altri termini, e' una
sentenza  di  carattere  sostitutivo  che,  una  volta   espunte   le
formulazioni  in  questa  sede  denunciate,  mantenga  al  Fondo   di
solidarieta'  comunale  l'incremento  delle  risorse  previsto  dalle
disposizioni  impugnate,  sostituendone,  tuttavia,  il  criterio  di
riparto secondo l'attuale regola  generale,  rispettosa  del  dettato
costituzionale,  della  differenza  tra  le  capacita'  fiscali  e  i
fabbisogni standard sancita al comma 449,  lettera  c),  dell'art.  1
della citata legge 11 dicembre 2016, n. 232. 
    10) Invero, stante la cristallina  disciplina  costituzionale,  e
anche in disparte le questioni sulla necessaria natura verticale  del
Fondo di perequazione, e',  infatti,  del  tutto  fuorviante  che  le
risorse destinate al Fondo di solidarieta'  comunale  possano  essere
ripartite secondo logiche diverse da quella del ristoro delle  minori
capacita' fiscali per abitante, per giunta in un contesto nel  quale,
considerato il deficit strutturale  dei  finanziamenti  assegnati  al
comparto delle amministrazioni locali e la difficolta'  ad  assolvere
al  normale  esercizio  delle  funzioni,   ogni   ulteriore   risorsa
disponibile andrebbe  utilizzata  al  fine  di  colmare  il  gap  tra
capacita' fiscali e fabbisogni  standard  nel  rispetto  del  dettato
costituzionale. 
    Di seguito si procedera'  ad  un  esame  distinto  delle  singole
questioni. 
 
                               Diritto 
 
1) Impugnazione dell'art. 1, comma 172, legge 30  dicembre  2021,  n.
234, per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1, 3, 4 e 5, della
Costituzione. 
    1.1) La disposizione impugnata,  in  combinato  disposto  con  il
comma 564 della medesima legge, prevede un graduale incremento,  fino
al  2030,  delle  risorse  del  Fondo  di  solidarieta'  comunale  da
destinare all'aumento dei posti nei servizi educativi per  l'infanzia
di cui all'art. 2, comma 3, lettera a), del  decreto  legislativo  13
aprile 2017, n. 65. 
    La norma cosi' dispone:  «Al  fine  di  rimuovere  gli  squilibri
territoriali nell'erogazione del servizio di asilo nido in attuazione
dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  m),  della   Costituzione,
all'art. 1, comma 449, della legge  11  dicembre  2016,  n.  232,  la
lettera d-sexies) e' sostituita dalla seguente: "d-sexies)  destinato
ai comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione  siciliana
e della Regione Sardegna quanto a 120  milioni  di  euro  per  l'anno
2022, a 175 milioni di euro per l'anno 2023, a 230  milioni  di  euro
per l'anno 2024, a 300 milioni di euro per l'anno 2025, a 450 milioni
di euro per l'anno 2026 e a 1.100 milioni di euro annui  a  decorrere
dall'anno 2027, quale quota di risorse finalizzata a incrementare  in
percentuale, nel limite delle risorse disponibili per  ciascun  anno,
il numero dei posti nei  servizi  educativi  per  l'infanzia  di  cui
all'art. 2, comma 3, lettera a), del decreto  legislativo  13  aprile
2017, n. 65, sino al raggiungimento di un livello minimo che  ciascun
comune o bacino territoriale e' tenuto a garantire. Il livello minimo
da garantire di cui al periodo precedente e'  definito  quale  numero
dei posti dei predetti servizi educativi per l'infanzia,  equivalenti
in termini di costo standard al servizio a tempo pieno dei  nidi,  in
proporzione alla popolazione ricompresa nella fascia di eta' da tre a
trentasei mesi, ed e' fissato  su  base  locale  nel  33  per  cento,
inclusivo del servizio privato. In considerazione  delle  risorse  di
cui al  primo  periodo  i  comuni,  in  forma  singola  o  associata,
garantiscono,  secondo  una  progressione  differenziata  per  fascia
demografica  tenendo  anche  conto,  ove  istituibile,   del   bacino
territoriale  di  appartenenza,   il   raggiungimento   del   livello
essenziale  della  prestazione  attraverso  obiettivi   di   servizio
annuali.  Dall'anno  2022  l'obiettivo  di   servizio,   per   fascia
demografica del comune o del bacino territoriale di appartenenza,  e'
fissato con il decreto di cui al sesto periodo,  dando  priorita'  ai
bacini territoriali piu' svantaggiati e tenendo conto di  una  soglia
massima del 28,88 per cento, valida  sino  a  quando  anche  tutti  i
comuni  svantaggiati  non  abbiano  raggiunto  un  pari  livello   di
prestazioni. L'obiettivo di servizio e' progressivamente incrementato
annualmente sino  al  raggiungimento,  nell'anno  2027,  del  livello
minimo garantito del 33 per cento su base locale, anche attraverso il
servizio privato. Il contributo di cui al primo periodo e'  ripartito
entro il 28 febbraio 2022 per l'anno 2022 ed  entro  il  30  novembre
dell'anno precedente a quello di riferimento per gli anni  successivi
con decreto del Ministro dell'interno, di concerto  con  il  Ministro
dell'economia  e  delle  finanze,  il  Ministro  dell'istruzione,  il
Ministro per il Sud e la coesione territoriale e il Ministro  per  le
pari opportunita' e la famiglia, previa intesa in sede di  Conferenza
Stato-citta' ed  autonomie  locali,  su  proposta  della  Commissione
tecnica per i fabbisogni standard, tenendo  conto,  ove  disponibili,
dei costi standard per la  funzione  "Asili  nido"  "approvati  dalla
stessa Commissione. Con il decreto  di  cui  al  sesto  periodo  sono
altresi' disciplinati gli obiettivi di  potenziamento  dei  posti  di
asili nido da conseguire, per ciascuna fascia demografica del  bacino
territoriale  di  appartenenza,  con  le  risorse  assegnate,  e   le
modalita' di  monitoraggio  sull'utilizzo  delle  risorse  stesse.  I
comuni possono procedere all'assunzione del personale necessario alla
diretta gestione dei servizi educativi per l'infanzia utilizzando  le
risorse di cui alla presente lettera e nei limiti  delle  stesse.  Si
applica l'art. 57, comma 3-septies, del decreto-legge 14 agosto 2020,
n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13  ottobre  2020,
n. 126"». 
    1.2)  La  disposizione  in  esame   introduce   un   vincolo   di
destinazione  sulle  maggiori  risorse  del  Fondo  di   solidarieta'
comunale, imponendo ai comuni - nei fatti  solo  ai  comuni  che  non
rispettano lo standard  minimo  e  che  percio'  beneficeranno  della
contribuzione - stringenti obiettivi di servizio annuali, correlati a
dette ulteriori risorse, fino al raggiungimento  del  livello  minino
delle prestazioni connesse all'erogazione del servizio di asilo nido. 
    Codesta ecc.ma Corte, a partire dalla sentenza n. 370 del 2003  -
la quale, per inciso, aveva ad oggetto proprio una  norma  istitutiva
di un Fondo statale per l'incremento dei posti di  asili  nido  -  ha
costantemente insegnato che «Il nuovo art.  119  della  Costituzione,
prevede espressamente, al quarto comma,  che  le  funzioni  pubbliche
regionali e locali debbano essere "integralmente" finanziate  tramite
i proventi delle entrate proprie e la  compartecipazione  al  gettito
dei tributi erariali riferibili al territorio dell'ente  interessato,
di cui al secondo comma, nonche' con  quote  del  "Fondo  perequativo
senza vincoli di destinazione", di cui  al  terzo  comma.  Gli  altri
possibili finanziamenti da parte dello  Stato,  previsti  dal  quinto
comma, sono costituiti solo da risorse eventuali ed  aggiuntive  "per
promuovere lo sviluppo  economico,  la  coesione  e  la  solidarieta'
sociale,  per  rimuovere  gli  squilibri  economici  e  sociali,  per
favorire l'effettivo esercizio  dei  diritti  della  persona,  o  per
provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle  funzioni,  ed
erogati  in  favore  "di   determinati   comuni,   province,   citta'
metropolitane e regioni". 
    Pertanto, nel nuovo sistema, per il finanziamento  delle  normali
funzioni di regioni ed enti locali, lo Stato puo' erogare solo  Fondi
senza vincoli specifici di destinazione, in  particolare  tramite  il
Fondo  perequativo  di  cui  all'art.   119,   terzo   comma,   della
Costituzione». 
    Nel caso portato all'attenzione della  Corte,  «dal  momento  che
l'attivita' dello speciale servizio pubblico costituito  dagli  asili
nido rientra palesemente nella sfera  delle  funzioni  proprie  delle
regioni  e  degli  enti  locali,   e'   contraria   alla   disciplina
costituzionale vigente la configurazione di un  Fondo  settoriale  di
finanziamento  gestito  dallo  Stato,  che  viola  in   modo   palese
l'autonomia finanziaria sia di entrata che di spesa delle  regioni  e
degli enti locali e mantiene allo Stato alcuni  poteri  discrezionali
nella materia cui si riferisce». 
    1.3) A  maggior  dimostrazione  della  perdurante  attualita'  di
questo insegnamento, ribadito in numerosissime pronunce (ex  plurimis
sentenza n. 4 del 2020, n. 28 del 2016, n. 273 del 2013,  n.  99  del
2009, n. 102 del 2008, n. 451 del 2006, n. 107 del 2005, n.  423  del
2004, n. 320 del 2004, n. 16 del 2004), sovviene la recente  sentenza
n. 40 del 2022, la quale ha ribadito che «Dopo la riforma del  titolo
V della parte II della Costituzione, il riconoscimento  di  una  piu'
ampia autonomia finanziaria di spesa alle regioni nel novellato  art.
119  della  Costituzione  preclude  allo  Stato  la  possibilita'  di
istituire Fondi a  destinazione  vincolata  nelle  materie  residuali
regionali o concorrenti, (...) (sentenze n. 71 del 2018, n. 168 e  n.
50 del 2008 e n. 423 del 2004), salvo che nella specifica ipotesi del
quinto  comma  del  medesimo  art.  119  della  Costituzione   o   al
verificarsi  di  esigenze  di  gestione  unitaria  che   giustificano
un'attrazione in sussidiarieta' (sentenze n. 74 del 2019, n.  79  del
2011 e n. 168 del 2008). 
    In base all'art. 119 della Costituzione, secondo e  terzo  comma,
infatti, il sistema di finanziamento  degli  enti  territoriali  deve
fondarsi  su  "tributi  ed  entrate  propri",  "compartecipazioni  al
gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio", quote  di
"un Fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori
con minore capacita' fiscale". Le risorse  derivanti  dalle  suddette
fonti devono essere sufficienti, in base al successivo quarto  comma,
a consentire a tali enti "di  finanziare  integralmente  le  funzioni
pubbliche loro attribuite", senza che residuino spazi  per  forme  di
finanziamento statale con minor grado di autonomia, quali, appunto, i
Fondi vincolati. 
    Sebbene tale modello costituzionale sia stato  solo  parzialmente
attuato, con il permanere di un sistema a finanza  ancora  largamente
derivata, resta fermo che in via ordinaria e salva l'esistenza di  un
diverso  fondamento  costituzionale,  i   trasferimenti   statali   a
carattere  vincolato  che  intervengono  in  materie  concorrenti   o
residuali regionali determinano  un'illegittima  "sovrapposizione  di
politiche e di indirizzi governati centralmente" (sentenza n. 16  del
2004) all'autonomia di spesa degli enti territoriali». 
    1.4) Sempre in virtu' del consolidato magistero della  Corte,  e'
d'uopo ricordare che nel nostro ordinamento costituzionale esiste  un
principio di tipicita' degli  strumenti  perequativi  previsti  dalla
norma costituzionale, ai quali il  legislatore  si  deve  conformare,
evidenziandosi, altresi',  «la  scelta  legislativa  di  perequazione
verticale  effettuata  in  sede  di  riforma  del  titolo   V   della
Costituzione mediante la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.  3»
(Corte costituzionale - sentenza n. 46 del 2013). 
    Tale tipicita', in  particolare,  si  manifesta  nelle  soluzioni
adottate nei commi 3 e 5 dell'art. 119 della Costituzione,  relativi,
rispettivamente, al Fondo perequativo senza vincoli  di  destinazione
per  i  territori  con  minore  capacita'   per   abitante   e   alla
contribuzione perequativa di tipo speciale in favore  di  determinati
soggetti per rispondere alle  finalita'  prefigurate  nella  medesima
norma costituzionale (promuovere lo sviluppo economico, la coesione e
la solidarieta' sociale, rimuovere gli squilibri economici e sociali,
favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona,  provvedere
a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni). 
    1.5) Tanto premesso, la peculiarita' del  caso  odierno  consiste
nel fatto che il contributo settoriale per gli asili  nido  e'  stato
innestato direttamente sul Fondo di  solidarieta'  comunale,  il  cui
ammontare complessivo viene conseguentemente innalzato dal comma  564
della medesima legge; Fondo, quest'ultimo, che deve,  invece,  essere
ripartito in ragione del criterio della minore capacita' fiscale  per
abitante stabilito dall'art. 119, comma 3, della  Costituzione  (come
declinato dalla menzionata regola di  cui  all'art.  1,  lettera  c),
legge 11 dicembre 2016, n. 232) e che non sopporta,  pertanto,  alcun
vincolo di destinazione. 
    Tale Fondo settoriale, inoltre, non riguarda la  generalita'  dei
comuni, bensi' solo quelli che non sono in linea con gli obiettivi di
servizio minimi imposti dal legislatore  nella  materia  degli  asili
nido: tale constatazione porta a concludere che  la  disposizione  in
esame dissimula nella realta' un intervento di perequazione  speciale
a vantaggio di destinatari determinati -  riconducibile,  semmai,  al
campo di applicazione del comma 5 dell'art. 119 della Costituzione  -
che, a motivo di cio', in alcun modo  puo'  trovare  ospitalita'  nel
Fondo  di  solidarieta'  comunale  che,  invece,  e'  il   principale
strumento attraverso cui lo  Stato  e'  chiamato  ad  assolvere  alla
garanzia di assicurare agli enti locali l'esercizio  integrale  delle
funzioni  loro  attribuite,  secondo  la  fondamentale  clausola   di
salvaguardia  di  cui  al  comma  4  del  medesimo  art.  119   della
Costituzione. 
    Illuminante, in proposito, la gia' citata recente sentenza n.  40
del 2022, che ha ricordato quali  devono  essere  le  caratteristiche
perche' un finanziamento possa ricondursi al  novero  di  quelli  del
citato art. 119, comma 5, della Costituzione, ai quali e' connaturato
il vincolo di destinazione. 
    «Un  finanziamento   statale   e',   infatti,   riconducibile   a
quest'ultima previsione» - osserva codesta ecc.ma Corte  -  «soltanto
al concorrere congiunto di  specifiche  condizioni:  deve  trattarsi,
innanzitutto, di "risorse aggiuntive" rispetto a quelle previste  per
"finanziare integralmente" (ai sensi  dell'art.  119,  quarto  comma,
della  Costituzione)  le  funzioni  pubbliche  attribuite  agli  enti
territoriali; in secondo luogo, tali interventi devono essere rivolti
a "promuovere lo sviluppo economico, la coesione  e  la  solidarieta'
sociale", oppure a "rimuovere gli squilibri economici e sociali", o a
"favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona", o in ogni
caso a "provvedere a  scopi  diversi  dal  normale  esercizio"  delle
funzioni degli enti  territoriali  (art.  119,  quinto  comma,  della
Costituzione). 
    Infine,  "e'  richiesto  che  le  risorse  in   questione   siano
indirizzate 'non  gia'  alla  generalita'  degli  enti  territoriali,
bensi'  a  determinati  enti  territoriali  o   categorie   di   enti
territoriali'" (da ultimo, sentenza n. 187 del 2021)». 
    Tali caratteri sono perfettamente rinvenibili  nel  finanziamento
che ci occupa, il quale non poteva certamente essere attuato in danno
alla disponibilita'  delle  nuove  risorse  allocate  nel  Fondo,  in
violazione della regola generale che ne presiede il riparto e che  si
configura come costituzionalmente obbligata. 
    1.6) Ne'  valga  invocare,  in  senso  contrario,  la  competenza
esclusiva dello Stato nella  determinazione  dei  livelli  essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali  che  devono
essere garantiti sull'intero territorio nazionale. 
    L'esercizio di tale prerogativa - rispetto a cui lo Stato  e'  in
grave ritardo (cfr. Corte costituzionale - sentenza n. 220 del  2021)
-  deve  dispiegarsi  secondo  modalita'  rispettose  del   principio
dell'autonomia finanziaria e non  puo'  costituire  il  pretesto  per
l'introduzione di vincoli di destinazione, evitando di piegare a  pur
meritevoli finalita' settoriali strumenti di perequazione che, in una
condizione di conclamato  sottofinanziamento,  devono  semmai  essere
potenziati per  assicurare  l'esercizio  «integrale»  delle  funzioni
assegnate  alla  generalita'  degli  enti  locali  nel  rispetto  del
paradigma di rapporti finanziari tra  livelli  di  Governo  delineato
dalla Costituzione. 
    In   altri   termini,   la   novella   introdotta   dalla   legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, esige che lo Stato definisca in
modo organico il livello di tutela minima dei diritti  inerenti  alle
funzioni  fondamentali  in  grado  di  vincolare  le  amministrazioni
locali, attribuendo complessivamente ad esse  le  risorse  per  farvi
fronte, anziche' procedere in modo estemporaneo,  con  la  prassi  «a
singhiozzo» di  singoli  finanziamenti  accompagnati  da  vincoli  di
destinazione connessi a situazioni contingenti di tutela dei diritti,
a valere, per giunta, sul Fondo di solidarieta' comunale, che assolve
ad una finalita' che  certamente  non  e'  quella  di  assicurare  il
rispetto  di  minimi  standard  di  servizi,  bensi'   di   garantire
l'esercizio integrale delle funzioni. 
    La definizione dei livelli  essenziali  concernenti  le  funzioni
fondamentali potra' essere semmai funzionale ad  una  valutazione  di
congruita' delle risorse finanziarie  complessivamente  assegnate  al
comparto dei  comuni,  in  ragione  della  necessita'  di  assicurare
l'esercizio integrale di tali funzioni  (comprensive,  quindi,  anche
del loro livello essenziale che deve essere garantito) ai  sensi  del
comma 4 dell'art. 119 della Costituzione  (la  sentenza  n.  220  del
2021, sotto tale profilo, afferma  che  la  definizione  dei  livelli
essenziali   delle   prestazioni   indica   «la   soglia   di   spesa
costituzionalmente necessaria per erogare le prestazioni  scoiali  di
natura fondamentale, nonche'  "il  nucleo  invalicabile  di  garanzie
minime" per rendere effettivi tali diritti»). 
    Certamente, in un quadro di compiuta attuazione  del  federalismo
fiscale, il titolo competenziale esclusivo statale  di  cui  all'art.
117, comma 2, lettera m), della Costituzione, stante il suo carattere
trasversale,  non  puo'  risolversi  nell'imposizione   di   continui
puntuali vincoli di destinazione a discapito di strumenti generali di
finanziamento degli  enti  locali,  perche'  cio'  costituirebbe  una
surrettizia  modalita'  di  elusione  della  garanzia  costituzionale
dell'autonomia finanziaria locale. 
    Ne' la  definizione  dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni
coincide  e  va  confusa  con  l'obbligo,  gravante  sullo  Stato   e
decisamente piu' ampio, di  assicurare  alle  amministrazioni  locali
quanto  necessario  per  sostenere  l'esercizio   «integrale»   delle
funzioni, parafrasando il contenuto del comma 4 dell'art.  119  della
Costituzione. 
    Nel caso di specie, va ulteriormente rimarcato come le risorse in
questione  siano  state  allocate,   segnatamente,   sul   Fondo   di
solidarieta' comunale che, come ripetutamente evidenziato, essendo il
principale strumento di  perequazione,  viene  del  tutto  snaturato,
posto che tale istituto finanziario  non  tollera  alcun  vincolo  di
destinazione per finalita' settoriali e richiede di essere  ripartito
nel rispetto di quanto stabilito dal  comma  3  dell'art.  119  della
Costituzione, specificatamente, a vantaggio dei territori con  minore
capacita' fiscale per abitante. 
    1.7) A riprova di quanto sopra, giova rammentare  che  la  citata
legge 5 maggio 2009,  n.  42,  all'art.  13,  comma  1,  lettera  a),
all'atto della definizione del Fondo perequativo  degli  enti  locali
per le funzioni fondamentali, cosi' ne ha previsto la  determinazione
dell'ammontare, ben lungi dall'introdurre vincoli di destinazione  di
sorta: «la dimensione del Fondo e' determinata, per  ciascun  livello
di Governo, con riguardo all'esercizio delle  funzioni  fondamentali,
in misura  uguale  alla  differenza  tra  il  totale  dei  fabbisogni
standard  per  le  medesime  funzioni  e  il  totale  delle   entrate
standardizzate di applicazione generale spettanti ai  comuni  e  alle
province». 
    Ebbene, se tale previsione  fosse  stata  attuata,  oggi  non  si
registrerebbe quella drammatica condizione di  sbilancio  tra  valore
delle  capacita'  fiscali  e  fabbisogni  standard,  delineata  dalla
documentazione di IFEL sopra richiamata: gli  enti  locali  sarebbero
pacificamente in condizione di soddisfare all'esigenza  di  assolvere
ai livelli minimi dei servizi, definiti dallo  Stato,  il  quale,  al
ricorrere delle ipotesi previste dal  comma  5  dell'art.  119  della
Costituzione, potrebbe intervenire con misure mirate di  perequazione
speciale a favore di determinati enti. 
    Siccome, tuttavia, cio' non  avviene,  il  legislatore,  deviando
palesemente dal paradigma costituzionale,  usa  la  gia'  deficitaria
perequazione  generale  -  sottraendo  risorse  indispensabili   alla
generalita' dei comuni al fine di garantire  l'esercizio  «integrale»
delle funzioni - per innestare su di  essa  interventi  di  carattere
settoriale a beneficio di alcune  amministrazioni  in  condizione  di
decozione. 
    Cio' che e' pacificamente inammissibile. 
    1.8) D'altra parte, se  si  pone  attenzione  alla  modalita'  di
definizione dei livelli essenziali di assistenza nel campo sanitario,
si concludera' che non esistono in quell'ambito vincoli  puntuali  di
carattere finanziario al servizio di determinati livelli: le regioni,
nel quadro delle risorse complessivamente messe a disposizione  dallo
Stato  a  favore  del  Servizio   sanitario   regionale,   hanno   la
responsabilita' di garantire i LEA,  evidenziando  separatamente  nel
proprio bilancio le somme a questi destinati, senza che esistano  nel
sistema obblighi di impiego dei finanziamenti (cfr. art. 20,  decreto
legislativo 23 giugno 2011, n. 118). 
    Codesta ecc.ma Corte, in tale precipuo  settore,  e'  piu'  volte
intervenuta, delineando quale deve essere la  dinamica  dei  rapporti
finanziari tra Stato e regioni con riferimento  al  delicato  confine
tra livelli essenziali di assistenza e vincoli di destinazione,  onde
evitare di mortificare l'autonomia finanziaria regionale. 
    A tal proposito, nella recente sentenza n. 131 del  2021,  si  e'
ricordato come centrale si atteggi il canone  di  leale  cooperazione
tra Stato e regione con riguardo alla concreta garanzia dei LEA,  «in
forza del  quale  al  legislatore  statale  spetta  "predisporre  gli
strumenti idonei alla realizzazione ed attuazione di essa,  affinche'
la  sua  affermazione  non  si  traduca  in   una   mera   previsione
programmatica, ma  venga  riempita  di  contenuto  concreto  e  reale
impegnando le regioni a collaborare nella separazione del  fabbisogno
finanziario destinato a spese incomprimibili da quello  afferente  ad
altri  servizi  suscettibili   di   un   giudizio   in   termini   di
sostenibilita' finanziaria (sentenza n. 169 del 2017)" (cosi'  ancora
sentenza n. 62 del 2020)». 
    E ancora: «non vi  e'  "dubbio  che  le  regioni  stesse  debbano
collaborare all'individuazione di metodologie parametriche  in  grado
di   separare   il   fabbisogno   finanziario   destinato   a   spese
incomprimibili  da  quello  afferente  ad  altri   servizi   sanitari
suscettibili  di   un   giudizio   in   termini   di   sostenibilita'
finanziaria", il che equivale ad affermare "la  doverosa  separazione
del fabbisogno LEA dagli oneri degli altri servizi sanitari"». 
    Sulla base di tale insegnamento, certamente replicabile nel campo
dell'autonomia finanziaria locale che  segue  regole  analoghe,  allo
Stato spetta, da un lato, la definizione dei livelli essenziali delle
prestazioni e, dall'altro, la  quantificazione  di  un  ammontare  di
risorse tali da garantire l'esercizio delle funzioni  assegnate  agli
enti  locali:  su  questi  ultimi,  entro  i  confini  delle  risorse
complessivamente messe a disposizione dallo Stato  senza  vincoli  di
destinazione, grava la responsabilita' di garantire  l'osservanza  di
siffatti livelli, dandone anche evidenza contabile,  fatto  salvo  il
potere dello Stato di intervenire con misure settoriali ai sensi  del
comma 5 dell'art. 119 della Costituzione. 
    1.9) In definitiva, la disciplina dei  livelli  essenziali  delle
prestazioni,  nel  quadro  a  regime,  rappresenta  quello   standard
necessario di erogazione di  servizio,  il  cui  costo  deve  trovare
naturale  capienza  in  un  ammontare  di  risorse  congruo   perche'
costruito, a monte, avuto riguardo al  totale  del  costo  fabbisogni
standard delle funzioni fondamentali. 
    Ebbene, siccome questo in Italia non e' mai avvenuto  -  e,  come
gia'   osservato,   si   continua   a   registrare   un    drammatico
sottofinanziamento del comparto degli enti territoriali -,  si  cerca
di  ovviare  a  tale  criticita'  in  maniera  oltremodo   scomposta,
introducendo  vincoli  stringenti  di  destinazione  sugli  strumenti
generali di finanziamento degli enti locali. 
    Ma - occorre insistere - non  e'  questo  il  corretto  paradigma
dell'autonomia, perche' l'obbligo gravante sullo  Stato  riguarda  il
finanziamento dell'esercizio «integrale» delle funzioni  fondamentali
e non quello dei livelli essenziali delle prestazioni,  che  sono  un
«di  cui»   delle   prestazioni   che   afferiscono   alle   funzioni
fondamentali. 
    1.10) Cio' posto, volendo ricapitolare, si ritiene che  la  norma
impugnata contrasti con tutti gli evocati parametri, in particolare: 
        con l'art. 5 della Costituzione, in quanto si traduce in  una
violazione  del  canone  dell'autonomia  locale  e  del  piu'   ampio
decentramento, sancito solennemente tra i principi fondamentali della
Costituzione italiana; 
        con il comma 1 dell'art. 119 della Costituzione, atteso  che,
mediante l'introduzione del vincolo di destinazione a valere  su  una
quota delle risorse del Fondo di solidarieta' comunale, si attua  una
forma di ingerenza dello Stato nell'esercizio  delle  funzioni  degli
enti locali (ex multis Corte costituzionale -  sentenza  n.  168  del
2008); 
        con il comma 3 dell'art. 119 della  Costituzione,  posto  che
tale disposizione stabilisce espressamente che  le  quote  del  Fondo
perequativo sono  senza  vincoli  di  destinazione  e  devono  essere
ripartite secondo il criterio  della  minore  capacita'  fiscale  per
abitante; 
        con il comma 4 dell'art. 119 della Costituzione, atteso  che,
in un quadro di sottofinanziamento delle  funzioni  fondamentali,  il
vincolo  di  destinazione  denunciato  sottrae  risorse  destinate  a
garantire  l'integrale  esercizio  delle  funzioni  in  favore  della
generalita' enti locali, evitando cosi' di ridurre il  disavanzo  tra
valore complessivo dei  fabbisogni  standard  da  un  lato  e  valore
complessivo delle capacita' fiscali dall'altro; 
        con  il  comma  5  dell'art.  119  della   Costituzione,   in
considerazione del fatto che interventi  di  natura  settoriale,  con
vincoli  di  destinazione,  da  parte  dello  Stato  in   favore   di
determinati  comuni  -  che,  nella  fattispecie,  sono  solo  quelli
chiamati a raggiungere il livello minimo dei posti di  asili  nido  -
possono essere giustificati solo nell'ambito di tale forma «speciale»
di perequazione e  non  certamente  attraverso  quella  di  carattere
generale -  della  quale  devono  beneficiare  i  comuni  con  minori
capacita' fiscali  per  abitante  -  stabilita  dal  citato  comma  3
dell'art. 119 della Costituzione. 
    1.11) Alla  luce  delle  precedenti  considerazioni,  si  insiste
affinche'  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale  voglia  dichiarare
incostituzionale  la  disposizione  impugnata  nel  senso   delineato
nell'epigrafe del presente ricorso. 
    Si chiede, in particolare, l'espunzione della parte che  riguarda
la posizione del vincolo di destinazione e le  modalita'  di  riparto
del contributo, rispettivamente in contrasto  con  il  principio  del
divieto  di  imposizione  di  tali  vincoli   e   con   il   criterio
costituzionale di riparto  delle  quote  del  Fondo  di  solidarieta'
comunale. 
    Si insta, altresi', affinche' codesta ecc.ma Corte sostituisca la
formulazione censurata con la previsione per  cui  il  riparto  delle
maggiori quote del  Fondo  di  solidarieta'  comunale  deve  avvenire
secondo la regola di cui all'art. 1, comma  449,  lettera  c),  della
legge 11 dicembre 2016, n. 232, secondo la  formulazione  prospettata
in epigrafe e nelle conclusioni del presente atto. 
2) Impugnazione dell'art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2021,
n. 234, per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1, 3,  4  e  5,
della Costituzione. 
    2.1) La disposizione impugnata, analogamente a quella precedente,
introduce un vincolo di destinazione sulle maggiori risorse apportate
al Fondo di solidarieta' comunale e destinate  ai  comuni  in  misura
crescente fino all'anno 2030 al  fine  di  conseguire  una  quota  di
servizi  aggiuntivi  nel  campo  del  trasporto  degli   alunni   con
disabilita', secondo specifici obiettivi  di  servizio  definiti  con
decreto  ministeriale,  previa   intesa   in   sede   di   Conferenza
Stato-citta' e autonomie locali. 
    Essa stabilisce:  «Al  comma  449  dell'art.  1  della  legge  11
dicembre 2016, n. 232, dopo la  lettera  d-septies)  e'  aggiunta  la
seguente: "d-octies) destinato ai  comuni  delle  regioni  a  statuto
ordinario, della Regione siciliana e della Regione Sardegna, quanto a
30 milioni di euro per l'anno 2022, a 50 milioni di euro  per  l'anno
2023, a 80 milioni di euro per l'anno 2024, a 100 milioni di euro per
ciascuno degli anni 2025 e 2026 e a  120  milioni  di  euro  annui  a
decorrere dall'anno  2027,  quale  quota  di  risorse  finalizzata  a
incrementare, nel limite delle risorse disponibili per ciascun anno e
dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP), il numero di studenti
disabili frequentanti la scuola dell'infanzia, la scuola  primaria  e
la scuola secondaria di primo grado, privi di autonomia a  cui  viene
fornito  il  trasporto  per  raggiungere  la  sede   scolastica.   Il
contributo di cui al primo periodo e' ripartito, entro il 28 febbraio
2022 per l'anno 2022 ed entro il 30 novembre dell'anno  precedente  a
quello di riferimento  per  gli  anni  successivi,  con  decreto  del
Ministro dell'interno, di concerto con il  Ministro  dell'economia  e
delle finanze, il Ministro dell'istruzione, il Ministro per il Sud  e
la coesione  territoriale,  il  Ministro  per  le  disabilita'  e  il
Ministro per le pari opportunita' e la  famiglia,  previa  intesa  in
sede di Conferenza Stato-citta'  ed  autonomie  locali,  su  proposta
della Commissione tecnica per i fabbisogni standard,  tenendo  conto,
ove  disponibili,  dei  costi  standard  relativi   alla   componente
trasporto disabili della  funzione  'Istruzione  pubblica'  approvati
dalla stessa Commissione. Fino  alla  definizione  dei  LEP,  con  il
suddetto  decreto  sono  altresi'  disciplinati  gli   obiettivi   di
incremento della percentuale di  studenti  disabili  trasportati,  da
conseguire con le risorse assegnate, e le modalita'  di  monitoraggio
sull'utilizzo delle risorse stesse.  Le  somme  che,  a  seguito  del
monitoraggio di cui al periodo precedente, risultassero non destinate
ad assicurare l'obiettivo  stabilito  di  incremento  degli  studenti
disabili trasportati gratuitamente sono recuperate a valere sul Fondo
di solidarieta' comunale attribuito ai medesimi comuni o, in caso  di
insufficienza dello stesso, secondo le modalita' di cui ai commi  128
e 129 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228"». 
    2.2) Cio'  posto,  il  consiglio  delle  autonomie  locali  della
Regione  Liguria  e'  pienamente  consapevole  del  fatto  che,  come
rimarcato da codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 275 del 2016,  il
trasporto  scolastico  dello  studente  disabile  e'  una  componente
essenziale del fondamentale diritto allo studio. 
    I  comuni  liguri  sono   oltremodo   impegnati   nel   garantire
l'effettivo esercizio di tale diritto, com'e' noto, in un  territorio
notevolmente ostile e  complicato  sotto  il  profilo  morfologico  e
dell'accessibilita'. 
    E' certamente meritevole lo sforzo profuso dal legislatore, anche
nelle more della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni
inerenti  a  tale   servizio,   preordinato   a   potenziare   queste
prestazioni: cio',  tuttavia,  deve  avvenire  secondo  la  modalita'
corrette, in conformita' al dettato costituzionale. 
    2.3) Ebbene, codesta ecc.ma Corte, da ultimo con la  sentenza  n.
162 del 2021, ha ribadito il proprio costante magistero  secondo  cui
«A seguito della riforma del titolo V, parte II, della  Costituzione,
per costante giurisprudenza costituzionale la materia  del  trasporto
pubblico locale  appartiene  alla  competenza  legislativa  residuale
regionale, sia pur con i limiti derivanti dall'eventuale  rilievo  di
competenze esclusive dello Stato (ex multis, sentenze n. 74  e  n.  5
del 2019, n. 137 e n. 78 del 2018)». 
    In forza di tale ricostruzione, giova richiamare  il  consolidato
orientamento secondo cui «Dopo la riforma del titolo V della parte II
della Costituzione, il riconoscimento di  una  piu'  ampia  autonomia
finanziaria di spesa  alle  regioni  nel  novellato  art.  119  della
Costituzione preclude allo Stato la possibilita' di istituire Fondi a
destinazione  vincolata   nelle   materie   residuali   regionali   o
concorrenti» (Corte costituzionale - sentenza n. 40 del 2022). 
    La disposizione impugnata,  al  contrario,  pone  un  vincolo  di
destinazione sulle risorse del Fondo di solidarieta' comunale che  si
traduce in un supporto finanziario solo in favore  di  alcuni  comuni
che non sono in linea con gli obiettivi di servizio: si tratta, nella
sostanza, di una misura selettiva che  in  alcun  modo  puo'  trovare
collocazione sullo strumento  generale  di  perequazione,  il  quale,
peraltro, versa in una drammatica condizione di  sottodimensionamento
rispetto  alle  esigenze  di  copertura  dei  costi  complessivi  dei
fabbisogni standard connessi alle funzioni. 
    In  virtu'  delle  considerazioni  gia'  espresse  nel  paragrafo
precedente,  al  quale  si  rinvia  per  non  tediare   ulteriormente
l'altissimo Collegio, e sulla  scorta  dell'insegnamento  di  codesta
ecc.ma Corte, un intervento di siffatta natura, rivolto a destinatari
specifici per obiettivi determinati  in  una  materia  di  competenza
legislativa  residuale  e  di   competenza   amministrativa   locale,
potrebbe, al piu', costituire  una  misura  speciale  perequativa  ai
sensi del comma 5 dell'art. 119 della Costituzione. 
    Cosi', tuttavia, non e' stato configurato  dal  legislatore  che,
come detto, ha integrato  in  parte  qua  le  risorse  del  Fondo  di
solidarieta'  comunale,  introducendo  tuttavia   sulle   stesse   un
inammissibile vincolo di destinazione. 
    Risulta, percio', violato il principio dell'autonomia finanziaria
locale con il suo corollario del divieto di vincoli di destinazione e
della regola del riparto del Fondo di solidarieta'  comunale  secondo
il criterio della minore capacita' fiscale per abitante, in spregio a
tutti i parametri di cui in rubrica. 
    2.4) Ne'  valga  invocare,  in  senso  contrario,  la  competenza
legislativa esclusiva dello Stato nella materia della  determinazione
dei livelli essenziali delle prestazioni, posto che,  in  ragione  di
quanto gia' ampiamente dedotto sul punto, cio' non consente in  alcun
modo di  derogare  al  principio  per  cui  le  quote  del  Fondo  di
solidarieta'   comunale,   in   quanto   principale   strumento    di
perequazione, devono  essere  assegnate  in  assenza  di  vincoli  di
destinazione, ovvero di venire meno alla regola per  cui  tale  Fondo
possa essere ripartito secondo un criterio diverso  da  quello  delle
minori capacita' fiscale per abitante. 
    2.5) La regione ricorrente, alla luce  delle  considerazioni  che
precedono, chiede a codesta ecc.ma Corte una pronuncia  di  carattere
sostitutivo che, a seguito dell'ablazione degli enunciati che pongono
il vincolo di destinazione, integri la norma mediante  l'introduzione
della previsione, costituzionalmente obbligata, del criterio generale
di riparto del Fondo disciplinato all'art. 1, comma 449, lettera  c),
della legge 11 dicembre 2016, n. 232,  ai  fini  della  distribuzione
delle maggiori somme allocate dal suddetto censurato comma. 
    Cio' secondo  la  formulazione  precisata  in  epigrafe  e  nelle
conclusioni del presente atto. 
3) Impugnazione dell'art. 1, comma 563, della legge 30 dicembre 2021,
n. 234, per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1, 3,  4  e  5,
della Costituzione. 
    3.1) La disposizione in esame integra le  risorse  del  Fondo  di
solidarieta' comunale al fine di stabilire un  contributo  poziore  a
vantaggio dei soli comuni della Regione siciliana  e  della  Sardegna
per il potenziamento dei servizi sociali, anche  in  questo  caso  in
misura crescente fino all'anno 2030. 
    Tale speciale intervento, peraltro, si aggiunge  ad  un'ulteriore
contribuzione  straordinaria  di  150  milioni  di  euro  disposta  a
vantaggio dei soli comuni della Sicilia dall'art.  16,  comma  8-bis,
del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito in  legge,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 17 dicembre 2021, n.
215. 
    3.2) Il consiglio delle autonomie locali della  Liguria,  per  il
tramite della regione  ricorrente,  nel  rispetto  dello  spirito  di
solidarieta' intercomunale, non intende in questa sede contestare  la
determinazione del legislatore ordinario di sostenere particolarmente
i comuni delle regioni insulari a statuto speciale nella materia  dei
servizi sociali, ancorche' in tale ambito tutti i comuni, e non  solo
quelli siculi e sardi, avrebbero necessita' di maggiori risorse. 
    Sennonche', un tale intervento - che costituisce palesemente  una
misura speciale di perequazione ai sensi del comma  5  dell'art.  119
della Costituzione - non puo' in alcun modo andare a detrimento delle
risorse allocate sul Fondo di solidarieta'  comunale  di  cui  devono
potere beneficiare tutti i comuni italiani, secondo  il  criterio  di
riparto,  costituzionalmente  obbligato,  stabilito  dal  piu'  volte
citato art. 1, comma 449, lettera c), della legge 11  dicembre  2016,
n. 232. 
    La disposizione impugnata,  in  particolare,  appare  lesiva  del
comma dell'art. 119 della Costituzione sotto il profilo  del  divieto
dell'introduzione di vincoli di destinazione a valere sulle quote del
Fondo perequativo generale, nonche'  della  fondamentale  regola  del
riparto delle quote del Fondo perequativo a beneficio  dei  territori
con minore capacita' fiscale per abitante. 
    Essa viola, altresi', il principio di tipicita'  degli  strumenti
di perequazione stabilito nel  nostro  ordinamento  costituzionale  e
piu'  volte  richiamato  da  codesta   ecc.ma   Corte   (cfr.   Corte
costituzionale - sentenza n. 46 del 2013). 
    3.3) Cio' posto, al  fine  di  non  penalizzare  i  comuni  della
Regione siciliana e della  Sardegna,  si  insta  affinche'  la  Corte
voglia adottare una pronuncia di carattere sostitutivo in  modo  tale
da assicurare il mantenimento dei contributi in misura equivalente in
favore di siffatti comuni, riconducendoli, tuttavia, all'ambito della
perequazione  speciale  di  cui  al  comma  5  dell'art.  119   della
Costituzione. 
    In tal senso, in sostituzione dell'enunciato attuale, si  propone
l'adozione della seguente formulazione della disposizione: «Ai  sensi
del quinto comma dell'art. 119  della  Costituzione,  in  favore  dei
comuni  della  Regione  siciliana  e  della  Regione  Sardegna,  sono
destinati euro 44 milioni di euro per l'anno 2022, di 52  milioni  di
euro per l'anno 2023, di 60 milioni di euro per l'anno  2024,  di  68
milioni di euro per l'anno 2025, di 77 milioni  di  euro  per  l'anno
2026, di 87 milioni di euro per l'anno 2027, di 97  milioni  di  euro
per l'anno 2028, di 107 milioni di euro per  l'anno  2029  e  di  113
milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2030 per il finanziamento
e lo sviluppo dei servizi sociali comunali svolti in forma singola  e
associata». 
    Dall'accoglimento   del   presente   ricorso   conseguirebbe   il
mantenimento dei  contributi  speciali,  sotto  forma  di  intervento
speciale di perequazione ai sensi del comma  5  dell'art.  119  della
Costituzione, che, venendo collocati  fuori  dal  Fondo,  dovrebbero,
tuttavia, essere ex novo finanziati da parte dello Stato nella misura
prevista dalla disposizione impugnata. 
    Quanto alle maggiori risorse allocate  sul  Fondo  dal  comma  in
esame, stante il venire  meno  del  vincolo  di  destinazione,  fermo
restando l'ammontare complessivo del suddetto Fondo come  determinato
dal comma 564 della medesima legge, esse non  potrebbero  che  essere
ripartite  secondo  la  regola  generale,   da   estrapolarsi   anche
implicitamente, del differenziale tra capacita' fiscali e  fabbisogni
standard. 
    Si insiste, pertanto, per l'accoglimento della dedotta  eccezione
di incostituzionalita'. 
4) Impugnazione dell'art. 1, comma 564, della legge 30 dicembre 2021,
n. 234, per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1, 3,  4  e  5,
della Costituzione. 
    4.1)  La  disposizione  impugnata,  recependo  sotto  il  profilo
quantitativo gli incrementi di risorse previsti dai denunciati  commi
172, 174 e 563, adegua l'ammontare del Fondo di solidarieta' comunale
fino  all'anno  2030,   cosi'   «cristallizzando»   il   vincolo   di
destinazione dei maggiori finanziamenti attraverso il rinvio ai commi
citati. 
    Essa  stabilisce  quanto  segue:  «In  considerazione  di  quanto
disposto dai commi  172,  173,  174  e  563  del  presente  articolo,
all'art. 1, comma 448, della legge  11  dicembre  2016,  n.  232,  le
parole: "in euro 6.855.513.365 per l'anno 2022, in euro 6.980.513.365
per l'anno 2023, in euro  7.306.513.365  per  l'anno  2024,  in  euro
7.401.513.365 per l'anno 2025, in euro 7.503.513.365 per l'anno 2026,
in euro 7.562.513.365 per l'anno  2027,  in  euro  7.620.513.365  per
l'anno 2028,  in  euro  7.679.513.365  per  l'anno  2029  e  in  euro
7.711.513.365 annui a decorrere dall'anno 2030" sono sostituite dalle
seguenti:  "in  euro  6.949.513.365  per   l'anno   2022,   in   euro
7.107.513.365 per l'anno 2023, in euro 7.476.513.365 per l'anno 2024,
in euro 7.619.513.365 per l'anno  2025,  in  euro  7.830.513.365  per
l'anno  2026,  in  euro  8.569.513.365  per  l'anno  2027,  in   euro
8.637.513.365 per l'anno 2028, in euro 8.706.513.365 per l'anno  2029
e in euro 8.744.513.365 annui a decorrere dall'anno 2030"». 
    4.2)   La   disposizione    impugnata,    stante    il    divieto
dell'introduzione di vincoli di destinazione, nonche' il criterio  di
distribuzione delle  risorse  del  Fondo  perequativo,  basato  sulle
minori  capacita'  fiscali  per  abitanti,  secondo  quanto  previsto
dall'art. 119, comma 4, della Costituzione, e'  incostituzionale  nel
suo   incipit,   segnatamente,   limitatamente   alle   parole    «In
considerazione di quanto disposto dai commi 172, 173, 174 e  563  del
presente articolo,». 
    Essa lede, altresi', il canone dell'autonomia  finanziaria  degli
enti locali, ostacola il principio del piu' ampio decentramento,  cui
aderisce  il  nostro  ordinamento  costituzionale,  ed  infrange   la
sostanziale disciplina della perequazione e il principio di tipicita'
degli strumenti perequativi, come delineata nei commi 3 e 5 dell'art.
119 della Costituzione. 
    4.3) Invero, qualora  intervenisse  l'auspicata  declaratoria  di
incostituzionalita' di questa  porzione  dell'enunciato  legislativo,
unitamente al venire meno del vincolo di destinazione sulle  maggiori
risorse stanziate dalla legge di bilancio per il 2022 dai  precedenti
commi gravati nella presente sede, l'intero ammontare degli ulteriori
finanziamenti  posti  in  essere  dal  comma  564  sarebbe  messo   a
disposizione per la distribuzione alla generalita' dei comuni secondo
la piu' volte  citata  regola,  costituzionalmente  obbligata,  della
differenza tra le capacita' fiscali e i fabbisogni standard,  sancita
dall'art. 1, comma 449, lettera c), della legge 11 dicembre 2016,  n.
232. 
5) La normativa di risulta. 
    In conclusione del presente ricorso, al fine di delineare appieno
il senso dell'operazione  manipolativa  richiesta  a  codesta  ecc.ma
Corte e gli obiettivi che il consiglio delle autonomie  locali  della
Regione Liguria si prefigge di ottenere  attraverso  di  essa,  giova
trascrivere di seguito la normativa che residuerebbe in esito ad  una
eventuale pronuncia di incostituzionalita' nel senso precisato. 
    Art. 1, comma 172, della legge 30 dicembre 2021, n. 234: 
        «All'art. 1, comma 449, della legge 11 dicembre 2016, n. 232,
la  lettera  d-sexies)  e'  sostituita  dalla  seguente:   "d-sexies)
destinato ai comuni delle regioni a statuto ordinario, della  Regione
siciliana e della Regione Sardegna quanto a 120 milioni di  euro  per
l'anno 2022, a 175 milioni di euro per l'anno 2023, a 230 milioni  di
euro per l'anno 2024, a 300 milioni di euro per l'anno  2025,  a  450
milioni di euro per l'anno 2026 e a 1.100 milioni  di  euro  annui  a
decorrere dall'anno 2027, da distribuire in conformita' alla  lettera
c), primo periodo, del presente comma"». 
    Art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2021, n. 234: 
        «Al comma 449 dell'art. 1 della legge 11  dicembre  2016,  n.
232, dopo la lettera d-septies) e' aggiunta la  seguente:  "d-octies)
destinato ai comuni delle regioni a statuto ordinario, della  Regione
siciliana e della Regione Sardegna, quanto a 30 milioni di  euro  per
l'anno 2022, a 50 milioni di euro per l'anno 2023, a  80  milioni  di
euro per l'anno 2024, a 100 milioni di euro per ciascuno  degli  anni
2025 e 2026 e a 120 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2027,
da distribuire in conformita' alla lettera  c),  primo  periodo,  del
presente comma"». 
    Art. 1, comma 563, della legge 30 dicembre 2021, n. 234: 
        «Ai sensi del quinto comma dell'art. 119 della  Costituzione,
in  favore  dei  comuni  della  Regione  siciliana  e  della  Regione
Sardegna, e' destinato un importo di 44 milioni di  euro  per  l'anno
2022, di 52 milioni di euro per l'anno 2023, di 60  milioni  di  euro
per l'anno 2024, di 68 milioni di euro per l'anno 2025, di 77 milioni
di euro per l'anno 2026, di 87 milioni di euro per l'anno 2027, di 97
milioni di euro per l'anno 2028, di 107 milioni di  euro  per  l'anno
2029 e di 113 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2030 per il
finanziamento e lo sviluppo dei servizi sociali  comunali  svolti  in
forma singola e associata». 
    Art. 1, comma 564, della legge 30 dicembre 2021, n. 234: 
        «All'art. 1, comma 448, della legge 11 dicembre 2016, n. 232,
le  parole:  "in  euro  6.855.513.365  per  l'anno  2022,   in   euro
6.980.513.365 per l'anno 2023, in euro 7.306.513.365 per l'anno 2024,
in euro 7.401.513.365 per l'anno  2025,  in  euro  7.503.513.365  per
l'anno  2026,  in  euro  7.562.513.365  per  l'anno  2027,  in   euro
7.620.513.365 per l'anno 2028, in euro 7.679.513.365 per l'anno  2029
e in euro  7.711.513.365  annui  a  decorrere  dall'anno  2030"  sono
sostituite dalle seguenti: "in euro 6.949.513.365 per l'anno 2022, in
euro 7.107.513.365 per l'anno 2023, in euro 7.476.513.365 per  l'anno
2024, in euro 7.619.513.365 per l'anno 2025,  in  euro  7.830.513.365
per l'anno 2026, in euro  8.569.513.365  per  l'anno  2027,  in  euro
8.637.513.365 per l'anno 2028, in euro 8.706.513.365 per l'anno  2029
e in euro 8.744.513.365 annui a decorrere dall'anno 2030"».