Ricorso ex art. 127, comma 2, della Costituzione della Regione Liguria (c.f. 00849050109), in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, dott. Giovanni Toti, con sede legale in Genova - piazza De Ferrari n. 1 - rappresentata e difesa, ai fini del presente giudizio, dall'avv. Pietro Piciocchi del Foro di Genova (c.f. PCCPTR77H10D969U - p.e.c. pietro.piciocchi@ordineavvgenova.it), con domicilio eletto presso il suo studio in Genova - via Assarotti n. 48/6 - giusta procura speciale in calce al presente atto e delibera della giunta regionale n. 81 dell'11 febbraio 2022 (doc. n. 1); contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri e legale rappresentante pro tempore; per l'annullamento dell'art. 1, comma 172, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1, 3, 4 e 5, della Costituzione, limitatamente alle parole: «Al fine di rimuovere gli squilibri territoriali nell'erogazione del servizio di asilo nido in attuazione dell'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, all'art. 1, comma 449, della legge 11 dicembre 2016, n. 232,», e nella parte in cui prevede: «, quale quota di risorse finalizzata a incrementare in percentuale, nel limite delle risorse disponibili per ciascun anno, il numero dei posti nei servizi educativi per l'infanzia di cui all'art. 2, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, sino al raggiungimento di un livello minimo che ciascun comune o bacino territoriale e' tenuto a garantire. Il livello minimo da garantire di cui al periodo precedente e' definito quale numero dei posti dei predetti servizi educativi per l'infanzia, equivalenti in termini di costo standard al servizio a tempo pieno dei nidi, in proporzione alla popolazione ricompresa nella fascia di eta' da tre a trentasei mesi, ed e' fissato su base locale nel 33 per cento, inclusivo del servizio privato. In considerazione delle risorse di cui al primo periodo i comuni, in forma singola o associata, garantiscono, secondo una progressione differenziata per fascia demografica tenendo anche conto, ove istituibile, del bacino territoriale di appartenenza, il raggiungimento del livello essenziale della prestazione attraverso obiettivi di servizio annuali. Dall'anno 2022 l'obiettivo di servizio, per fascia demografica del comune o del bacino territoriale di appartenenza, e' fissato con il decreto di cui al sesto periodo, dando priorita' ai bacini territoriali piu' svantaggiati e tenendo conto di una soglia massima del 28,88 per cento, valida sino a quando anche tutti i comuni svantaggiati non abbiano raggiunto un pari livello di prestazioni. L'obiettivo di servizio e' progressivamente incrementato annualmente sino al raggiungimento, nell'anno 2027, del livello minimo garantito del 33 per cento su base locale, anche attraverso il servizio privato. Il contributo di cui al primo periodo e' ripartito entro il 28 febbraio 2022 per l'anno 2022 ed entro il 30 novembre dell'anno precedente a quello di riferimento per gli anni successivi con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'istruzione, il Ministro per il Sud e la coesione territoriale e il Ministro per le pari opportunita' e la famiglia, previa intesa in sede di Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali, su proposta della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, tenendo conto, ove disponibili, dei costi standard per la funzione "Asili nido" approvati dalla stessa Commissione. Con il decreto di cui al sesto periodo sono altresi' disciplinati gli obiettivi di potenziamento dei posti di asili nido da conseguire, per ciascuna fascia demografica del bacino territoriale di appartenenza, con le risorse assegnate, e le modalita' di monitoraggio sull'utilizzo delle risorse stesse. I comuni possono procedere all'assunzione del personale necessario alla diretta gestione dei servizi educativi per l'infanzia utilizzando le risorse di cui alla presente lettera e nei limiti delle stesse. Si applica l'art. 57, comma 3-septies, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126», anziche' «da distribuire in conformita' alla lettera c), primo periodo, del presente comma»; dell'art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1, 3, 4 e 5, della Costituzione, nella parte in cui prevede «, quale quota di risorse finalizzata a incrementare, nel limite delle risorse disponibili per ciascun anno e dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP), il numero di studenti disabili frequentanti la scuola dell'infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, privi di autonomia a cui viene fornito il trasporto per raggiungere la sede scolastica. Il contributo di cui al primo periodo e' ripartito, entro il 28 febbraio 2022 per l'anno 2022 ed entro il 30 novembre dell'anno precedente a quello di riferimento per gli anni successivi, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'istruzione, il Ministro per il Sud e la coesione territoriale, il Ministro per le disabilita' e il Ministro per le pari opportunita' e la famiglia, previa intesa in sede di Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali, su proposta della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, tenendo conto, ove disponibili, dei costi standard relativi alla componente trasporto disabili della funzione "Istruzione pubblica" approvati dalla stessa Commissione. Fino alla definizione dei LEP, con il suddetto decreto sono altresi' disciplinati gli obiettivi di incremento della percentuale di studenti disabili trasportati, da conseguire con le risorse assegnate, e le modalita' di monitoraggio sull'utilizzo delle risorse stesse. Le somme che, a seguito del monitoraggio di cui al periodo precedente, risultassero non destinate ad assicurare l'obiettivo stabilito di incremento degli studenti disabili trasportati gratuitamente sono recuperate a valere sul Fondo di solidarieta' comunale attribuito ai medesimi comuni o, in caso di insufficienza dello stesso, secondo le modalita' di cui ai commi 128 e 129 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228», anziche' «da distribuire in conformita' alla lettera c), primo periodo, del presente comma»; dell'art. 1, comma 563, legge 30 dicembre 2021, n. 234, per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1, 3, 4 e 5, della Costituzione, nella parte in cui prevede «All'art. 1, comma 449, lettera d-quinquies), della legge 11 dicembre 2016, n. 232, sono apportate le seguenti modificazioni: a) dopo il secondo periodo sono inseriti i seguenti: "Per le medesime finalita' di cui al primo periodo, il Fondo di solidarieta' comunale e' destinato, per un importo di 44 milioni di euro per l'anno 2022, di 52 milioni di euro per l'anno 2023, di 60 milioni di euro per l'anno 2024, di 68 milioni di euro per l'anno 2025, di 77 milioni di euro per l'anno 2026, di 87 milioni di euro per l'anno 2027, di 97 milioni di euro per l'anno 2028, di 107 milioni di euro per l'anno 2029 e di 113 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2030, in favore dei comuni della Regione siciliana e della Regione Sardegna,», anziche' «Ai sensi del quinto comma dell'art. 119 della Costituzione, in favore dei comuni della Regione siciliana e della Regione Sardegna, e' destinato un importo di 44 milioni di euro per l'anno 2022, di 52 milioni di euro per l'anno 2023, di 60 milioni di euro per l'anno 2024, di 68 milioni di euro per l'anno 2025, di 77 milioni di euro per l'anno 2026, di 87 milioni di euro per l'anno 2027, di 97 milioni di euro per l'anno 2028, di 107 milioni di euro per l'anno 2029 e di 113 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2030 per il finanziamento e lo sviluppo dei servizi sociali comunali svolti in forma singola e associata»; dell'art. 1, comma 564, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1, 3, 4 e 5, della Costituzione, limitatamente alle parole «In considerazione di quanto disposto dai commi 172, 173, 174 e 563 del presente articolo». Fatto 1) Il consiglio delle autonomie locali della Regione Liguria, istituito con legge regionale n. 11/2011, con delibera n. 4 del 27 gennaio 2022 (doc. n. 2), ha formulato istanza al Presidente della giunta regionale della Liguria, ai sensi dell'art. 32, comma 2, della legge n. 87/1953, ai fini della proposizione di ricorso in via principale a codesta ecc.ma Corte costituzionale per l'annullamento delle disposizioni di cui in epigrafe che, in ragione della violazione dei parametri di seguito precisati, appaiono gravemente lesive dell'autonomia finanziaria dei comuni della Liguria, costituzionalmente garantita, e della loro capacita' di spesa. Tali disposizioni, infatti, prevedono significativi incrementi delle risorse statali del Fondo di solidarieta' comunale di cui all'art. 1, comma 448, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, assoggettando, tuttavia, le stesse a penetranti vincoli di destinazione, non in linea con il dettato costituzionale. In particolare, la marcata tendenza del legislatore a condizionare i trasferimenti in favore delle amministrazioni locali al conseguimento di specifici obiettivi inerenti alle funzioni fondamentali loro assegnate non appare coerente con il consolidato magistero di codesta ecc.ma Corte in ordine al corretto atteggiarsi dei rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riferimento alla disciplina costituzionale degli strumenti di perequazione. 2) E' certamente fatto noto come, dopo la riforma della parte seconda della Costituzione, il percorso di attuazione dell'art. 119 della Costituzione sia stato particolarmente travagliato e resti tuttora largamente incompleto, complici le manovre restrittive di finanza pubblica che negli anni trascorsi hanno imposto alle amministrazioni locali un contributo straordinario agli obiettivi di risanamento dello Stato, privandole di risorse essenziali per il corretto dispiegarsi delle funzioni ad esse attribuite. In tale contesto, non puo' tralasciarsi di menzionare la legge 5 marzo 2009, n. 42 (delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'art. 119 della Costituzione) che, anche a seguito di intense esortazioni da parte di codesta ecc.ma Corte, ha indubbiamente costituito fino ad oggi il tentativo piu' maturo di imprimere concretezza alle nuove disposizioni costituzionali. Sennonche', tale disegno di attuazione della Costituzione nel campo dell'autonomia finanziaria, come anche codesta ecc.ma Corte ha piu' volte avuto modo di rimarcare (ex multis Corte costituzionale, sentenza n. 40 del 2022), e' restato mutilato. 3) Con specifico riferimento, poi, al federalismo municipale, nell'esercizio della delega conferita al Governo, e' stato adottato il decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, che aveva previsto un significativo potenziamento dell'autonomia tributaria dei comuni (cfr. articoli 2, 7, 8, 9 e 11), in luogo dell'abolizione dei trasferimenti dello Stato, nella prospettiva di superare il paradigma della finanza derivata in favore di un sistema di finanza autonoma, con precise garanzie a favore dell'integrita' dei bilanci comunali (cfr. art. 12). Quanto agli strumenti di perequazione, il decreto in esame aveva istituito con l'art. 2, comma 3, il Fondo sperimentale di riequilibrio per la durata di anni tre, da alimentarsi con il gettito dei tributi indicati nei commi 1 e 2, tutti relativi alla fiscalita' immobiliare dello Stato, e mediante una compartecipazione al gettito dell'IVA, nella logica di un sistema di perequazione verticale. A regime, invece, sarebbe entrato in vigore il definitivo Fondo perequativo per i comuni previsto dall'art. 13 della menzionata legge delega sul federalismo fiscale, articolato in due componenti, relative, rispettivamente, alle funzioni fondamentali e alle funzioni non fondamentali, ed alimentato con risorse statali. 4) Cio' posto, a distanza di oltre dieci anni dalla definizione di questo percorso di attuazione del dettato costituzionale, si deve prendere atto di come il sistema della finanza locale abbia intrapreso una direzione diametralmente opposta in quanto lo Stato: i) attraverso tagli lineari di carattere strutturale, ha soppresso completamente i trasferimenti ordinari agli enti locali che prima operavano sui Fondi perequativi; ii) nell'effettuare queste soppressioni, non ha posto la minima attenzione all'esigenza di consentire una correlata dilatazione dell'autonomia tributaria dei comuni, cosi' come voluto dalla Costituzione, tale da mantenere invariate le risorse, posto che anche i tributi di cui si era prefigurata la devoluzione ai comuni in base all'art. 2 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, sono rimasti saldamente in capo all'amministrazione centrale; iii) inoltre, al fine di sopperire all'assenza dello Stato nella perequazione, una quota estremamente rilevante dell'IMU dei comuni, viene ogni anno forzosamente trattenuta per alimentare il Fondo di solidarieta' comunale ai fini del successivo riparto tra gli enti locali. A tale ultimo proposito, come evidenziato dall'Ufficio studi della Camera dei deputati in un recente dossier, datato 5 febbraio 2021 e dedicato al tema delle risorse per i comuni, «va sottolineato che sul funzionamento del Fondo di solidarieta', e in particolare, sotto il profilo distributivo delle risorse effettivamente disponibili per ciascun comune, hanno inciso profondamente i tagli determinati dalle misure di finanza pubblica poste a carico dei comuni a partire dall'anno 2010, applicati sulla base di criteri diversi (spending review, revisione base imponibile dell'IMU, riduzione del Fondo di solidarieta' comunale). In particolare, l'ingente concorso alla finanza pubblica richiesto ai comuni a valere sulle risorse del Fondo di solidarieta' comunale, ha modificato la struttura del Fondo medesimo che - tolta la quota ristorativa destinata alla compensazione delle minori entrate IMU TASI, coperta con risorse statali - e' divenuta orizzontale, essendo ormai il Fondo alimentato esclusivamente dai comuni attraverso il gettito dell'imposta municipale propria (per una quota del 22,43% circa 2,8 miliardi) e non anche dalla fiscalita' generale, come invece richiesto dalla legge n. 42 del 2009, in riferimento al Fondo perequativo per le funzioni fondamentali. Tale situazione dipende dal fatto che la componente verticale, finanziata dallo Stato, di fatto e' stata annullata dai tagli delle risorse del Fondo derivanti dalle misure di concorso alla finanza pubblica previste per i comuni sulla base dei principi del coordinamento della finanza pubblica negli anni 2010-2015 (per un effetto cumulati di oltre 7,7 miliardi di euro nel 2019) tanto da diventare un "trasferimento negativo", nel senso che e' il comparto dei comuni che finisce con il trasferire risorse allo Stato». Questa situazione di rilevante criticita' nel sistema di finanziamento dei comuni permane tuttora, producendo conseguenze gravi, come dimostra l'incremento degli enti locali in squilibrio strutturale: a titolo esemplificativo, e' sufficiente ricordare come, solo considerando i grandi capoluoghi italiani, su quattordici comuni sedi di citta' metropolitane, ben nove sono deficitari, a riprova della condizione assolutamente critica in cui versa la finanza locale nel nostro Paese. 5) Tali aspetti sono gia' stati portati all'attenzione di codesta ecc.ma Corte in un giudizio promosso dal consiglio delle autonomie locali della Liguria, sfociato nella sentenza n. 220 del 2021, dove, pur essendo state dichiarate infondate le questioni sollevate, sono state, nondimeno, rilevate sperequazioni e «criticita' nella distribuzione delle risorse tra i comuni italiani», derivanti, secondo l'analisi svolta nell'autorevole pronuncia, dal mancato adeguamento dei valori catastali in numerose realta' comunali e - ai fini che in questa sede rilevano - «dal carattere meramente orizzontale cha aveva assunto il FSC». L'istruttoria, che ha conosciuto l'audizione del Ragioniere generale dello Stato e del Presidente di IFEL, ha fatto emergere come nel sistema della finanza locale esista uno sbilancio strutturale di oltre 7,3 miliardi di euro tra il valore delle capacita' fiscali standard dei comuni e l'ammontare dei fabbisogni standard, intesi come dimensione delle risorse necessarie per lo svolgimento delle funzioni fondamentali di ciascun comune, in condizioni normali (26.410 milioni di euro il valore dei fabbisogni standard contro 18.961 milioni di euro il valore delle capacita' fiscali). Il dato viene riportato a pag. 37 della relazione istruttoria depositata da IFEL, e datata 5 giugno 2021, che si versa in atti (doc. n. 3). Sempre l'IFEL, con successiva relazione integrativa (pag. 5), ha dimostrato come tra il 2010 e il 2019 le risorse standard per il comparto dei comuni siano crollate del 35% da 23,8 a 15,5 miliardi di euro (doc. n. 4). 6) Ne deriva che il paradigma di una finanza autonoma, sancito nella Costituzione, e' rimasto del tutto disatteso e, rispetto ad un passato in cui era lo Stato a trasferire risorse ai comuni, oggi sono i comuni che trasferiscono risorse allo Stato, mediante un sistema di perequazione essenzialmente orizzontale, attingendo in modo particolarmente significativo alla propria fiscalita' in un contesto, peraltro, di «mutilazione» dell'autonomia tributaria per effetto di manovre di finanza pubblica sempre piu' restrittive per le ragioni dei comuni. Da cio' e' conseguito che la finanza locale, a dispetto della propugnata autonomia, nel giro di pochi anni ha dovuto assorbire la sterilizzazione dei trasferimenti storici dello Stato, sui quali si reggeva la stabilita' dei bilanci comunali, e la privazione di una cospicua quota di gettito della propria IMU destinata alla solidarieta' intercomunale, essendosi lo Stato, come detto, inammissibilmente ritirato dai suoi obblighi perequativi sanciti dalla Costituzione. Come evidenziato anche dalla piu' autorevole dottrina, «in Italia il sistema della finanza municipale disegna ormai un quadro insostenibile, fonte di inaudite complicazioni e di gravissime alterazioni dei fondamentali presupposti che permettono l'ordinato sviluppo del sistema fiscale e delle stesse autonomie. Per effetto congiunto delle manovre anticrisi degli ultimi anni e di una buona dose di sciatteria legislativa e amministrativa, infatti, il sistema attuale dell'imposta municipale: non rispetta il principio di semplificazione, che e' un presupposto fondamentale in un quadro istituzionale composto da oltre ottomila comuni; non rende possibile, per effetto della riserva allo Stato di una quota dell'imposta municipale, quella accountability che costituisce la giustificazione democratica del decentramento del prelievo tributario; (...) non consente, a causa del continuo cambiamento normativo e il costante inserimento di misure di contenimento della spesa locale, quella certezza di risorse che e' presupposto indispensabile per la programmazione» (L. Antonini, Armonizzazione contabile e autonomia finanziaria degli enti territoriali, rivista A.I.C. 1/2017). 7) Ebbene, solo da ultimo - e venendo all'oggetto dell'odierna impugnazione - il legislatore ha avviato una lenta ricostituzione di risorse statali ad integrazione del Fondo di solidarieta' comunale: cio', tuttavia, non nella logica autentica della perequazione - che, stante i principi costituzionali, dovrebbe essere interamente, o quantomeno prevalentemente, di natura verticale -, bensi' nella prospettiva di vincolare in modo assai stringente l'erogazione dei finanziamenti aggiuntivi a specifiche destinazioni in ambiti propri dell'autonomia locale. A tal proposito, si rammenta che codesta ecc.ma Corte, con la sentenza n. 61 del 2018, ha affermato che, con specifico riferimento alla perequazione di cui al comma 3 dell'art. 119 della Costituzione, «la nostra Carta costituzionale contempla un sistema perequativo di tipo verticale che prevede l'intervento diretto a carico dello Stato (...)». Ne consegue che il legislatore, al fine di conformare il sistema attuale di perequazione al paradigma disciplinato dalla costituzione, dovrebbe impegnarsi nella ricostituzione di risorse sempre maggiori, a carico del bilancio dello Stato, ad integrazione del Fondo di solidarieta' comunale, in sostituzione delle quote di alimentazione che oggi provengono dalla trattenuta del gettito dell'IMU di pertinenza delle amministrazioni locali, cio', segnatamente, al fine di ridurre quell'insostenibile distanza tra la dimensione economica dei fabbisogni standard e l'ammontare delle capacita' fiscali standard. Le disposizioni impugnate, al contrario, perpetuano un atteggiamento di mantenimento di un sistema perequativo essenzialmente orizzontale, assoggettando tutte le ulteriori risorse di derivazione statale ad obblighi di destinazione assai puntuali. E valga il vero. 8) Con riserva di specifico esame in sede di formulazione dei singoli motivi di censura, a fini descrittivi e in ordine logico, occorre muovere dal comma 564 dell'art. 1 della legge 30 dicembre 2021, n. 234, che prevede un graduale incremento della dotazione complessiva del Fondo di solidarieta' comunale fino all'anno 2030 per recepire il contenuto delle disposizioni di cui ai commi 172, 174 e 563 della medesima legge che, rispettivamente, assegnano ulteriori contributi, nella quantificazione indicata in ciascuna di esse, a: i) incremento dei posti nei servizi educativi per l'infanzia di cui all'art. 2, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65; ii) quota di servizi aggiuntivi nel trasporto degli alunni con disabilita'; iii) finanziamento e sviluppo dei servizi sociali comunali svolti in forma singola e associata dei soli comuni della Regione Sardegna e della Regione siciliana. Tutte le disposizioni impugnate - ad eccezione dell'art. 1, comma 564, che, come evidenziato, ha la funzione di adeguare l'ammontare complessivo del Fondo di cui all'art. 1, comma 448, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, alle risorse previste nei commi precedenti in ragione dei vincoli di destinazione sopra ricordati - sono accomunate dalla definizione di stringenti obiettivi di servizio e prevedono il riparto dei relativi finanziamenti attraverso decreti ministeriali, previa intesa in sede di Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali, su proposta della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. 9) Obbiettivo della presente impugnativa, pertanto, e' quello di ottenere la declaratoria di incostituzionalita' delle disposizioni impugnate, preservando le maggiori risorse stanziate a valere sul Fondo di solidarieta' comunale come necessario apporto di perequazione verticale da parte dello Stato, anche ai sensi della clausola di salvaguardia dell'esercizio integrale delle funzioni di cui al comma 4 dell'art. 119 della Costituzione (che postula, evidentemente, un'adeguata dotazione del Fondo), da ripartire, a seguito dell'eliminazione dei vincoli di destinazione ad esse illegittimamente imposte, secondo il criterio proprio del Fondo perequativo stabilito dal comma 3 della medesima disposizione costituzionale, come declinato dal legislatore ordinario nella regola generale sancita dal comma 449, lettera c), dell'art. 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, consistente, segnatamente, nella differenza tra le capacita' fiscali e i fabbisogni standard approvati dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Tale soluzione, una volta estromessi i vincoli di destinazione, discende a rime obbligate dal fondamentale parametro di cui all'art. 119, comma 3, della Costituzione, secondo cui «la legge dello Stato istituisce un Fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacita' fiscale per abitante». Quanto si chiede a codesta ecc.ma Corte, in altri termini, e' una sentenza di carattere sostitutivo che, una volta espunte le formulazioni in questa sede denunciate, mantenga al Fondo di solidarieta' comunale l'incremento delle risorse previsto dalle disposizioni impugnate, sostituendone, tuttavia, il criterio di riparto secondo l'attuale regola generale, rispettosa del dettato costituzionale, della differenza tra le capacita' fiscali e i fabbisogni standard sancita al comma 449, lettera c), dell'art. 1 della citata legge 11 dicembre 2016, n. 232. 10) Invero, stante la cristallina disciplina costituzionale, e anche in disparte le questioni sulla necessaria natura verticale del Fondo di perequazione, e', infatti, del tutto fuorviante che le risorse destinate al Fondo di solidarieta' comunale possano essere ripartite secondo logiche diverse da quella del ristoro delle minori capacita' fiscali per abitante, per giunta in un contesto nel quale, considerato il deficit strutturale dei finanziamenti assegnati al comparto delle amministrazioni locali e la difficolta' ad assolvere al normale esercizio delle funzioni, ogni ulteriore risorsa disponibile andrebbe utilizzata al fine di colmare il gap tra capacita' fiscali e fabbisogni standard nel rispetto del dettato costituzionale. Di seguito si procedera' ad un esame distinto delle singole questioni. Diritto 1) Impugnazione dell'art. 1, comma 172, legge 30 dicembre 2021, n. 234, per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1, 3, 4 e 5, della Costituzione. 1.1) La disposizione impugnata, in combinato disposto con il comma 564 della medesima legge, prevede un graduale incremento, fino al 2030, delle risorse del Fondo di solidarieta' comunale da destinare all'aumento dei posti nei servizi educativi per l'infanzia di cui all'art. 2, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65. La norma cosi' dispone: «Al fine di rimuovere gli squilibri territoriali nell'erogazione del servizio di asilo nido in attuazione dell'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, all'art. 1, comma 449, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, la lettera d-sexies) e' sostituita dalla seguente: "d-sexies) destinato ai comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della Regione Sardegna quanto a 120 milioni di euro per l'anno 2022, a 175 milioni di euro per l'anno 2023, a 230 milioni di euro per l'anno 2024, a 300 milioni di euro per l'anno 2025, a 450 milioni di euro per l'anno 2026 e a 1.100 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2027, quale quota di risorse finalizzata a incrementare in percentuale, nel limite delle risorse disponibili per ciascun anno, il numero dei posti nei servizi educativi per l'infanzia di cui all'art. 2, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, sino al raggiungimento di un livello minimo che ciascun comune o bacino territoriale e' tenuto a garantire. Il livello minimo da garantire di cui al periodo precedente e' definito quale numero dei posti dei predetti servizi educativi per l'infanzia, equivalenti in termini di costo standard al servizio a tempo pieno dei nidi, in proporzione alla popolazione ricompresa nella fascia di eta' da tre a trentasei mesi, ed e' fissato su base locale nel 33 per cento, inclusivo del servizio privato. In considerazione delle risorse di cui al primo periodo i comuni, in forma singola o associata, garantiscono, secondo una progressione differenziata per fascia demografica tenendo anche conto, ove istituibile, del bacino territoriale di appartenenza, il raggiungimento del livello essenziale della prestazione attraverso obiettivi di servizio annuali. Dall'anno 2022 l'obiettivo di servizio, per fascia demografica del comune o del bacino territoriale di appartenenza, e' fissato con il decreto di cui al sesto periodo, dando priorita' ai bacini territoriali piu' svantaggiati e tenendo conto di una soglia massima del 28,88 per cento, valida sino a quando anche tutti i comuni svantaggiati non abbiano raggiunto un pari livello di prestazioni. L'obiettivo di servizio e' progressivamente incrementato annualmente sino al raggiungimento, nell'anno 2027, del livello minimo garantito del 33 per cento su base locale, anche attraverso il servizio privato. Il contributo di cui al primo periodo e' ripartito entro il 28 febbraio 2022 per l'anno 2022 ed entro il 30 novembre dell'anno precedente a quello di riferimento per gli anni successivi con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'istruzione, il Ministro per il Sud e la coesione territoriale e il Ministro per le pari opportunita' e la famiglia, previa intesa in sede di Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali, su proposta della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, tenendo conto, ove disponibili, dei costi standard per la funzione "Asili nido" "approvati dalla stessa Commissione. Con il decreto di cui al sesto periodo sono altresi' disciplinati gli obiettivi di potenziamento dei posti di asili nido da conseguire, per ciascuna fascia demografica del bacino territoriale di appartenenza, con le risorse assegnate, e le modalita' di monitoraggio sull'utilizzo delle risorse stesse. I comuni possono procedere all'assunzione del personale necessario alla diretta gestione dei servizi educativi per l'infanzia utilizzando le risorse di cui alla presente lettera e nei limiti delle stesse. Si applica l'art. 57, comma 3-septies, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126"». 1.2) La disposizione in esame introduce un vincolo di destinazione sulle maggiori risorse del Fondo di solidarieta' comunale, imponendo ai comuni - nei fatti solo ai comuni che non rispettano lo standard minimo e che percio' beneficeranno della contribuzione - stringenti obiettivi di servizio annuali, correlati a dette ulteriori risorse, fino al raggiungimento del livello minino delle prestazioni connesse all'erogazione del servizio di asilo nido. Codesta ecc.ma Corte, a partire dalla sentenza n. 370 del 2003 - la quale, per inciso, aveva ad oggetto proprio una norma istitutiva di un Fondo statale per l'incremento dei posti di asili nido - ha costantemente insegnato che «Il nuovo art. 119 della Costituzione, prevede espressamente, al quarto comma, che le funzioni pubbliche regionali e locali debbano essere "integralmente" finanziate tramite i proventi delle entrate proprie e la compartecipazione al gettito dei tributi erariali riferibili al territorio dell'ente interessato, di cui al secondo comma, nonche' con quote del "Fondo perequativo senza vincoli di destinazione", di cui al terzo comma. Gli altri possibili finanziamenti da parte dello Stato, previsti dal quinto comma, sono costituiti solo da risorse eventuali ed aggiuntive "per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarieta' sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni, ed erogati in favore "di determinati comuni, province, citta' metropolitane e regioni". Pertanto, nel nuovo sistema, per il finanziamento delle normali funzioni di regioni ed enti locali, lo Stato puo' erogare solo Fondi senza vincoli specifici di destinazione, in particolare tramite il Fondo perequativo di cui all'art. 119, terzo comma, della Costituzione». Nel caso portato all'attenzione della Corte, «dal momento che l'attivita' dello speciale servizio pubblico costituito dagli asili nido rientra palesemente nella sfera delle funzioni proprie delle regioni e degli enti locali, e' contraria alla disciplina costituzionale vigente la configurazione di un Fondo settoriale di finanziamento gestito dallo Stato, che viola in modo palese l'autonomia finanziaria sia di entrata che di spesa delle regioni e degli enti locali e mantiene allo Stato alcuni poteri discrezionali nella materia cui si riferisce». 1.3) A maggior dimostrazione della perdurante attualita' di questo insegnamento, ribadito in numerosissime pronunce (ex plurimis sentenza n. 4 del 2020, n. 28 del 2016, n. 273 del 2013, n. 99 del 2009, n. 102 del 2008, n. 451 del 2006, n. 107 del 2005, n. 423 del 2004, n. 320 del 2004, n. 16 del 2004), sovviene la recente sentenza n. 40 del 2022, la quale ha ribadito che «Dopo la riforma del titolo V della parte II della Costituzione, il riconoscimento di una piu' ampia autonomia finanziaria di spesa alle regioni nel novellato art. 119 della Costituzione preclude allo Stato la possibilita' di istituire Fondi a destinazione vincolata nelle materie residuali regionali o concorrenti, (...) (sentenze n. 71 del 2018, n. 168 e n. 50 del 2008 e n. 423 del 2004), salvo che nella specifica ipotesi del quinto comma del medesimo art. 119 della Costituzione o al verificarsi di esigenze di gestione unitaria che giustificano un'attrazione in sussidiarieta' (sentenze n. 74 del 2019, n. 79 del 2011 e n. 168 del 2008). In base all'art. 119 della Costituzione, secondo e terzo comma, infatti, il sistema di finanziamento degli enti territoriali deve fondarsi su "tributi ed entrate propri", "compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio", quote di "un Fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacita' fiscale". Le risorse derivanti dalle suddette fonti devono essere sufficienti, in base al successivo quarto comma, a consentire a tali enti "di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite", senza che residuino spazi per forme di finanziamento statale con minor grado di autonomia, quali, appunto, i Fondi vincolati. Sebbene tale modello costituzionale sia stato solo parzialmente attuato, con il permanere di un sistema a finanza ancora largamente derivata, resta fermo che in via ordinaria e salva l'esistenza di un diverso fondamento costituzionale, i trasferimenti statali a carattere vincolato che intervengono in materie concorrenti o residuali regionali determinano un'illegittima "sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente" (sentenza n. 16 del 2004) all'autonomia di spesa degli enti territoriali». 1.4) Sempre in virtu' del consolidato magistero della Corte, e' d'uopo ricordare che nel nostro ordinamento costituzionale esiste un principio di tipicita' degli strumenti perequativi previsti dalla norma costituzionale, ai quali il legislatore si deve conformare, evidenziandosi, altresi', «la scelta legislativa di perequazione verticale effettuata in sede di riforma del titolo V della Costituzione mediante la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3» (Corte costituzionale - sentenza n. 46 del 2013). Tale tipicita', in particolare, si manifesta nelle soluzioni adottate nei commi 3 e 5 dell'art. 119 della Costituzione, relativi, rispettivamente, al Fondo perequativo senza vincoli di destinazione per i territori con minore capacita' per abitante e alla contribuzione perequativa di tipo speciale in favore di determinati soggetti per rispondere alle finalita' prefigurate nella medesima norma costituzionale (promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarieta' sociale, rimuovere gli squilibri economici e sociali, favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni). 1.5) Tanto premesso, la peculiarita' del caso odierno consiste nel fatto che il contributo settoriale per gli asili nido e' stato innestato direttamente sul Fondo di solidarieta' comunale, il cui ammontare complessivo viene conseguentemente innalzato dal comma 564 della medesima legge; Fondo, quest'ultimo, che deve, invece, essere ripartito in ragione del criterio della minore capacita' fiscale per abitante stabilito dall'art. 119, comma 3, della Costituzione (come declinato dalla menzionata regola di cui all'art. 1, lettera c), legge 11 dicembre 2016, n. 232) e che non sopporta, pertanto, alcun vincolo di destinazione. Tale Fondo settoriale, inoltre, non riguarda la generalita' dei comuni, bensi' solo quelli che non sono in linea con gli obiettivi di servizio minimi imposti dal legislatore nella materia degli asili nido: tale constatazione porta a concludere che la disposizione in esame dissimula nella realta' un intervento di perequazione speciale a vantaggio di destinatari determinati - riconducibile, semmai, al campo di applicazione del comma 5 dell'art. 119 della Costituzione - che, a motivo di cio', in alcun modo puo' trovare ospitalita' nel Fondo di solidarieta' comunale che, invece, e' il principale strumento attraverso cui lo Stato e' chiamato ad assolvere alla garanzia di assicurare agli enti locali l'esercizio integrale delle funzioni loro attribuite, secondo la fondamentale clausola di salvaguardia di cui al comma 4 del medesimo art. 119 della Costituzione. Illuminante, in proposito, la gia' citata recente sentenza n. 40 del 2022, che ha ricordato quali devono essere le caratteristiche perche' un finanziamento possa ricondursi al novero di quelli del citato art. 119, comma 5, della Costituzione, ai quali e' connaturato il vincolo di destinazione. «Un finanziamento statale e', infatti, riconducibile a quest'ultima previsione» - osserva codesta ecc.ma Corte - «soltanto al concorrere congiunto di specifiche condizioni: deve trattarsi, innanzitutto, di "risorse aggiuntive" rispetto a quelle previste per "finanziare integralmente" (ai sensi dell'art. 119, quarto comma, della Costituzione) le funzioni pubbliche attribuite agli enti territoriali; in secondo luogo, tali interventi devono essere rivolti a "promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarieta' sociale", oppure a "rimuovere gli squilibri economici e sociali", o a "favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona", o in ogni caso a "provvedere a scopi diversi dal normale esercizio" delle funzioni degli enti territoriali (art. 119, quinto comma, della Costituzione). Infine, "e' richiesto che le risorse in questione siano indirizzate 'non gia' alla generalita' degli enti territoriali, bensi' a determinati enti territoriali o categorie di enti territoriali'" (da ultimo, sentenza n. 187 del 2021)». Tali caratteri sono perfettamente rinvenibili nel finanziamento che ci occupa, il quale non poteva certamente essere attuato in danno alla disponibilita' delle nuove risorse allocate nel Fondo, in violazione della regola generale che ne presiede il riparto e che si configura come costituzionalmente obbligata. 1.6) Ne' valga invocare, in senso contrario, la competenza esclusiva dello Stato nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti sull'intero territorio nazionale. L'esercizio di tale prerogativa - rispetto a cui lo Stato e' in grave ritardo (cfr. Corte costituzionale - sentenza n. 220 del 2021) - deve dispiegarsi secondo modalita' rispettose del principio dell'autonomia finanziaria e non puo' costituire il pretesto per l'introduzione di vincoli di destinazione, evitando di piegare a pur meritevoli finalita' settoriali strumenti di perequazione che, in una condizione di conclamato sottofinanziamento, devono semmai essere potenziati per assicurare l'esercizio «integrale» delle funzioni assegnate alla generalita' degli enti locali nel rispetto del paradigma di rapporti finanziari tra livelli di Governo delineato dalla Costituzione. In altri termini, la novella introdotta dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, esige che lo Stato definisca in modo organico il livello di tutela minima dei diritti inerenti alle funzioni fondamentali in grado di vincolare le amministrazioni locali, attribuendo complessivamente ad esse le risorse per farvi fronte, anziche' procedere in modo estemporaneo, con la prassi «a singhiozzo» di singoli finanziamenti accompagnati da vincoli di destinazione connessi a situazioni contingenti di tutela dei diritti, a valere, per giunta, sul Fondo di solidarieta' comunale, che assolve ad una finalita' che certamente non e' quella di assicurare il rispetto di minimi standard di servizi, bensi' di garantire l'esercizio integrale delle funzioni. La definizione dei livelli essenziali concernenti le funzioni fondamentali potra' essere semmai funzionale ad una valutazione di congruita' delle risorse finanziarie complessivamente assegnate al comparto dei comuni, in ragione della necessita' di assicurare l'esercizio integrale di tali funzioni (comprensive, quindi, anche del loro livello essenziale che deve essere garantito) ai sensi del comma 4 dell'art. 119 della Costituzione (la sentenza n. 220 del 2021, sotto tale profilo, afferma che la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni indica «la soglia di spesa costituzionalmente necessaria per erogare le prestazioni scoiali di natura fondamentale, nonche' "il nucleo invalicabile di garanzie minime" per rendere effettivi tali diritti»). Certamente, in un quadro di compiuta attuazione del federalismo fiscale, il titolo competenziale esclusivo statale di cui all'art. 117, comma 2, lettera m), della Costituzione, stante il suo carattere trasversale, non puo' risolversi nell'imposizione di continui puntuali vincoli di destinazione a discapito di strumenti generali di finanziamento degli enti locali, perche' cio' costituirebbe una surrettizia modalita' di elusione della garanzia costituzionale dell'autonomia finanziaria locale. Ne' la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni coincide e va confusa con l'obbligo, gravante sullo Stato e decisamente piu' ampio, di assicurare alle amministrazioni locali quanto necessario per sostenere l'esercizio «integrale» delle funzioni, parafrasando il contenuto del comma 4 dell'art. 119 della Costituzione. Nel caso di specie, va ulteriormente rimarcato come le risorse in questione siano state allocate, segnatamente, sul Fondo di solidarieta' comunale che, come ripetutamente evidenziato, essendo il principale strumento di perequazione, viene del tutto snaturato, posto che tale istituto finanziario non tollera alcun vincolo di destinazione per finalita' settoriali e richiede di essere ripartito nel rispetto di quanto stabilito dal comma 3 dell'art. 119 della Costituzione, specificatamente, a vantaggio dei territori con minore capacita' fiscale per abitante. 1.7) A riprova di quanto sopra, giova rammentare che la citata legge 5 maggio 2009, n. 42, all'art. 13, comma 1, lettera a), all'atto della definizione del Fondo perequativo degli enti locali per le funzioni fondamentali, cosi' ne ha previsto la determinazione dell'ammontare, ben lungi dall'introdurre vincoli di destinazione di sorta: «la dimensione del Fondo e' determinata, per ciascun livello di Governo, con riguardo all'esercizio delle funzioni fondamentali, in misura uguale alla differenza tra il totale dei fabbisogni standard per le medesime funzioni e il totale delle entrate standardizzate di applicazione generale spettanti ai comuni e alle province». Ebbene, se tale previsione fosse stata attuata, oggi non si registrerebbe quella drammatica condizione di sbilancio tra valore delle capacita' fiscali e fabbisogni standard, delineata dalla documentazione di IFEL sopra richiamata: gli enti locali sarebbero pacificamente in condizione di soddisfare all'esigenza di assolvere ai livelli minimi dei servizi, definiti dallo Stato, il quale, al ricorrere delle ipotesi previste dal comma 5 dell'art. 119 della Costituzione, potrebbe intervenire con misure mirate di perequazione speciale a favore di determinati enti. Siccome, tuttavia, cio' non avviene, il legislatore, deviando palesemente dal paradigma costituzionale, usa la gia' deficitaria perequazione generale - sottraendo risorse indispensabili alla generalita' dei comuni al fine di garantire l'esercizio «integrale» delle funzioni - per innestare su di essa interventi di carattere settoriale a beneficio di alcune amministrazioni in condizione di decozione. Cio' che e' pacificamente inammissibile. 1.8) D'altra parte, se si pone attenzione alla modalita' di definizione dei livelli essenziali di assistenza nel campo sanitario, si concludera' che non esistono in quell'ambito vincoli puntuali di carattere finanziario al servizio di determinati livelli: le regioni, nel quadro delle risorse complessivamente messe a disposizione dallo Stato a favore del Servizio sanitario regionale, hanno la responsabilita' di garantire i LEA, evidenziando separatamente nel proprio bilancio le somme a questi destinati, senza che esistano nel sistema obblighi di impiego dei finanziamenti (cfr. art. 20, decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118). Codesta ecc.ma Corte, in tale precipuo settore, e' piu' volte intervenuta, delineando quale deve essere la dinamica dei rapporti finanziari tra Stato e regioni con riferimento al delicato confine tra livelli essenziali di assistenza e vincoli di destinazione, onde evitare di mortificare l'autonomia finanziaria regionale. A tal proposito, nella recente sentenza n. 131 del 2021, si e' ricordato come centrale si atteggi il canone di leale cooperazione tra Stato e regione con riguardo alla concreta garanzia dei LEA, «in forza del quale al legislatore statale spetta "predisporre gli strumenti idonei alla realizzazione ed attuazione di essa, affinche' la sua affermazione non si traduca in una mera previsione programmatica, ma venga riempita di contenuto concreto e reale impegnando le regioni a collaborare nella separazione del fabbisogno finanziario destinato a spese incomprimibili da quello afferente ad altri servizi suscettibili di un giudizio in termini di sostenibilita' finanziaria (sentenza n. 169 del 2017)" (cosi' ancora sentenza n. 62 del 2020)». E ancora: «non vi e' "dubbio che le regioni stesse debbano collaborare all'individuazione di metodologie parametriche in grado di separare il fabbisogno finanziario destinato a spese incomprimibili da quello afferente ad altri servizi sanitari suscettibili di un giudizio in termini di sostenibilita' finanziaria", il che equivale ad affermare "la doverosa separazione del fabbisogno LEA dagli oneri degli altri servizi sanitari"». Sulla base di tale insegnamento, certamente replicabile nel campo dell'autonomia finanziaria locale che segue regole analoghe, allo Stato spetta, da un lato, la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e, dall'altro, la quantificazione di un ammontare di risorse tali da garantire l'esercizio delle funzioni assegnate agli enti locali: su questi ultimi, entro i confini delle risorse complessivamente messe a disposizione dallo Stato senza vincoli di destinazione, grava la responsabilita' di garantire l'osservanza di siffatti livelli, dandone anche evidenza contabile, fatto salvo il potere dello Stato di intervenire con misure settoriali ai sensi del comma 5 dell'art. 119 della Costituzione. 1.9) In definitiva, la disciplina dei livelli essenziali delle prestazioni, nel quadro a regime, rappresenta quello standard necessario di erogazione di servizio, il cui costo deve trovare naturale capienza in un ammontare di risorse congruo perche' costruito, a monte, avuto riguardo al totale del costo fabbisogni standard delle funzioni fondamentali. Ebbene, siccome questo in Italia non e' mai avvenuto - e, come gia' osservato, si continua a registrare un drammatico sottofinanziamento del comparto degli enti territoriali -, si cerca di ovviare a tale criticita' in maniera oltremodo scomposta, introducendo vincoli stringenti di destinazione sugli strumenti generali di finanziamento degli enti locali. Ma - occorre insistere - non e' questo il corretto paradigma dell'autonomia, perche' l'obbligo gravante sullo Stato riguarda il finanziamento dell'esercizio «integrale» delle funzioni fondamentali e non quello dei livelli essenziali delle prestazioni, che sono un «di cui» delle prestazioni che afferiscono alle funzioni fondamentali. 1.10) Cio' posto, volendo ricapitolare, si ritiene che la norma impugnata contrasti con tutti gli evocati parametri, in particolare: con l'art. 5 della Costituzione, in quanto si traduce in una violazione del canone dell'autonomia locale e del piu' ampio decentramento, sancito solennemente tra i principi fondamentali della Costituzione italiana; con il comma 1 dell'art. 119 della Costituzione, atteso che, mediante l'introduzione del vincolo di destinazione a valere su una quota delle risorse del Fondo di solidarieta' comunale, si attua una forma di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni degli enti locali (ex multis Corte costituzionale - sentenza n. 168 del 2008); con il comma 3 dell'art. 119 della Costituzione, posto che tale disposizione stabilisce espressamente che le quote del Fondo perequativo sono senza vincoli di destinazione e devono essere ripartite secondo il criterio della minore capacita' fiscale per abitante; con il comma 4 dell'art. 119 della Costituzione, atteso che, in un quadro di sottofinanziamento delle funzioni fondamentali, il vincolo di destinazione denunciato sottrae risorse destinate a garantire l'integrale esercizio delle funzioni in favore della generalita' enti locali, evitando cosi' di ridurre il disavanzo tra valore complessivo dei fabbisogni standard da un lato e valore complessivo delle capacita' fiscali dall'altro; con il comma 5 dell'art. 119 della Costituzione, in considerazione del fatto che interventi di natura settoriale, con vincoli di destinazione, da parte dello Stato in favore di determinati comuni - che, nella fattispecie, sono solo quelli chiamati a raggiungere il livello minimo dei posti di asili nido - possono essere giustificati solo nell'ambito di tale forma «speciale» di perequazione e non certamente attraverso quella di carattere generale - della quale devono beneficiare i comuni con minori capacita' fiscali per abitante - stabilita dal citato comma 3 dell'art. 119 della Costituzione. 1.11) Alla luce delle precedenti considerazioni, si insiste affinche' codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare incostituzionale la disposizione impugnata nel senso delineato nell'epigrafe del presente ricorso. Si chiede, in particolare, l'espunzione della parte che riguarda la posizione del vincolo di destinazione e le modalita' di riparto del contributo, rispettivamente in contrasto con il principio del divieto di imposizione di tali vincoli e con il criterio costituzionale di riparto delle quote del Fondo di solidarieta' comunale. Si insta, altresi', affinche' codesta ecc.ma Corte sostituisca la formulazione censurata con la previsione per cui il riparto delle maggiori quote del Fondo di solidarieta' comunale deve avvenire secondo la regola di cui all'art. 1, comma 449, lettera c), della legge 11 dicembre 2016, n. 232, secondo la formulazione prospettata in epigrafe e nelle conclusioni del presente atto. 2) Impugnazione dell'art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1, 3, 4 e 5, della Costituzione. 2.1) La disposizione impugnata, analogamente a quella precedente, introduce un vincolo di destinazione sulle maggiori risorse apportate al Fondo di solidarieta' comunale e destinate ai comuni in misura crescente fino all'anno 2030 al fine di conseguire una quota di servizi aggiuntivi nel campo del trasporto degli alunni con disabilita', secondo specifici obiettivi di servizio definiti con decreto ministeriale, previa intesa in sede di Conferenza Stato-citta' e autonomie locali. Essa stabilisce: «Al comma 449 dell'art. 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, dopo la lettera d-septies) e' aggiunta la seguente: "d-octies) destinato ai comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della Regione Sardegna, quanto a 30 milioni di euro per l'anno 2022, a 50 milioni di euro per l'anno 2023, a 80 milioni di euro per l'anno 2024, a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026 e a 120 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2027, quale quota di risorse finalizzata a incrementare, nel limite delle risorse disponibili per ciascun anno e dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP), il numero di studenti disabili frequentanti la scuola dell'infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, privi di autonomia a cui viene fornito il trasporto per raggiungere la sede scolastica. Il contributo di cui al primo periodo e' ripartito, entro il 28 febbraio 2022 per l'anno 2022 ed entro il 30 novembre dell'anno precedente a quello di riferimento per gli anni successivi, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'istruzione, il Ministro per il Sud e la coesione territoriale, il Ministro per le disabilita' e il Ministro per le pari opportunita' e la famiglia, previa intesa in sede di Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali, su proposta della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, tenendo conto, ove disponibili, dei costi standard relativi alla componente trasporto disabili della funzione 'Istruzione pubblica' approvati dalla stessa Commissione. Fino alla definizione dei LEP, con il suddetto decreto sono altresi' disciplinati gli obiettivi di incremento della percentuale di studenti disabili trasportati, da conseguire con le risorse assegnate, e le modalita' di monitoraggio sull'utilizzo delle risorse stesse. Le somme che, a seguito del monitoraggio di cui al periodo precedente, risultassero non destinate ad assicurare l'obiettivo stabilito di incremento degli studenti disabili trasportati gratuitamente sono recuperate a valere sul Fondo di solidarieta' comunale attribuito ai medesimi comuni o, in caso di insufficienza dello stesso, secondo le modalita' di cui ai commi 128 e 129 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228"». 2.2) Cio' posto, il consiglio delle autonomie locali della Regione Liguria e' pienamente consapevole del fatto che, come rimarcato da codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 275 del 2016, il trasporto scolastico dello studente disabile e' una componente essenziale del fondamentale diritto allo studio. I comuni liguri sono oltremodo impegnati nel garantire l'effettivo esercizio di tale diritto, com'e' noto, in un territorio notevolmente ostile e complicato sotto il profilo morfologico e dell'accessibilita'. E' certamente meritevole lo sforzo profuso dal legislatore, anche nelle more della definizione dei livelli essenziali delle prestazioni inerenti a tale servizio, preordinato a potenziare queste prestazioni: cio', tuttavia, deve avvenire secondo la modalita' corrette, in conformita' al dettato costituzionale. 2.3) Ebbene, codesta ecc.ma Corte, da ultimo con la sentenza n. 162 del 2021, ha ribadito il proprio costante magistero secondo cui «A seguito della riforma del titolo V, parte II, della Costituzione, per costante giurisprudenza costituzionale la materia del trasporto pubblico locale appartiene alla competenza legislativa residuale regionale, sia pur con i limiti derivanti dall'eventuale rilievo di competenze esclusive dello Stato (ex multis, sentenze n. 74 e n. 5 del 2019, n. 137 e n. 78 del 2018)». In forza di tale ricostruzione, giova richiamare il consolidato orientamento secondo cui «Dopo la riforma del titolo V della parte II della Costituzione, il riconoscimento di una piu' ampia autonomia finanziaria di spesa alle regioni nel novellato art. 119 della Costituzione preclude allo Stato la possibilita' di istituire Fondi a destinazione vincolata nelle materie residuali regionali o concorrenti» (Corte costituzionale - sentenza n. 40 del 2022). La disposizione impugnata, al contrario, pone un vincolo di destinazione sulle risorse del Fondo di solidarieta' comunale che si traduce in un supporto finanziario solo in favore di alcuni comuni che non sono in linea con gli obiettivi di servizio: si tratta, nella sostanza, di una misura selettiva che in alcun modo puo' trovare collocazione sullo strumento generale di perequazione, il quale, peraltro, versa in una drammatica condizione di sottodimensionamento rispetto alle esigenze di copertura dei costi complessivi dei fabbisogni standard connessi alle funzioni. In virtu' delle considerazioni gia' espresse nel paragrafo precedente, al quale si rinvia per non tediare ulteriormente l'altissimo Collegio, e sulla scorta dell'insegnamento di codesta ecc.ma Corte, un intervento di siffatta natura, rivolto a destinatari specifici per obiettivi determinati in una materia di competenza legislativa residuale e di competenza amministrativa locale, potrebbe, al piu', costituire una misura speciale perequativa ai sensi del comma 5 dell'art. 119 della Costituzione. Cosi', tuttavia, non e' stato configurato dal legislatore che, come detto, ha integrato in parte qua le risorse del Fondo di solidarieta' comunale, introducendo tuttavia sulle stesse un inammissibile vincolo di destinazione. Risulta, percio', violato il principio dell'autonomia finanziaria locale con il suo corollario del divieto di vincoli di destinazione e della regola del riparto del Fondo di solidarieta' comunale secondo il criterio della minore capacita' fiscale per abitante, in spregio a tutti i parametri di cui in rubrica. 2.4) Ne' valga invocare, in senso contrario, la competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, posto che, in ragione di quanto gia' ampiamente dedotto sul punto, cio' non consente in alcun modo di derogare al principio per cui le quote del Fondo di solidarieta' comunale, in quanto principale strumento di perequazione, devono essere assegnate in assenza di vincoli di destinazione, ovvero di venire meno alla regola per cui tale Fondo possa essere ripartito secondo un criterio diverso da quello delle minori capacita' fiscale per abitante. 2.5) La regione ricorrente, alla luce delle considerazioni che precedono, chiede a codesta ecc.ma Corte una pronuncia di carattere sostitutivo che, a seguito dell'ablazione degli enunciati che pongono il vincolo di destinazione, integri la norma mediante l'introduzione della previsione, costituzionalmente obbligata, del criterio generale di riparto del Fondo disciplinato all'art. 1, comma 449, lettera c), della legge 11 dicembre 2016, n. 232, ai fini della distribuzione delle maggiori somme allocate dal suddetto censurato comma. Cio' secondo la formulazione precisata in epigrafe e nelle conclusioni del presente atto. 3) Impugnazione dell'art. 1, comma 563, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1, 3, 4 e 5, della Costituzione. 3.1) La disposizione in esame integra le risorse del Fondo di solidarieta' comunale al fine di stabilire un contributo poziore a vantaggio dei soli comuni della Regione siciliana e della Sardegna per il potenziamento dei servizi sociali, anche in questo caso in misura crescente fino all'anno 2030. Tale speciale intervento, peraltro, si aggiunge ad un'ulteriore contribuzione straordinaria di 150 milioni di euro disposta a vantaggio dei soli comuni della Sicilia dall'art. 16, comma 8-bis, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 17 dicembre 2021, n. 215. 3.2) Il consiglio delle autonomie locali della Liguria, per il tramite della regione ricorrente, nel rispetto dello spirito di solidarieta' intercomunale, non intende in questa sede contestare la determinazione del legislatore ordinario di sostenere particolarmente i comuni delle regioni insulari a statuto speciale nella materia dei servizi sociali, ancorche' in tale ambito tutti i comuni, e non solo quelli siculi e sardi, avrebbero necessita' di maggiori risorse. Sennonche', un tale intervento - che costituisce palesemente una misura speciale di perequazione ai sensi del comma 5 dell'art. 119 della Costituzione - non puo' in alcun modo andare a detrimento delle risorse allocate sul Fondo di solidarieta' comunale di cui devono potere beneficiare tutti i comuni italiani, secondo il criterio di riparto, costituzionalmente obbligato, stabilito dal piu' volte citato art. 1, comma 449, lettera c), della legge 11 dicembre 2016, n. 232. La disposizione impugnata, in particolare, appare lesiva del comma dell'art. 119 della Costituzione sotto il profilo del divieto dell'introduzione di vincoli di destinazione a valere sulle quote del Fondo perequativo generale, nonche' della fondamentale regola del riparto delle quote del Fondo perequativo a beneficio dei territori con minore capacita' fiscale per abitante. Essa viola, altresi', il principio di tipicita' degli strumenti di perequazione stabilito nel nostro ordinamento costituzionale e piu' volte richiamato da codesta ecc.ma Corte (cfr. Corte costituzionale - sentenza n. 46 del 2013). 3.3) Cio' posto, al fine di non penalizzare i comuni della Regione siciliana e della Sardegna, si insta affinche' la Corte voglia adottare una pronuncia di carattere sostitutivo in modo tale da assicurare il mantenimento dei contributi in misura equivalente in favore di siffatti comuni, riconducendoli, tuttavia, all'ambito della perequazione speciale di cui al comma 5 dell'art. 119 della Costituzione. In tal senso, in sostituzione dell'enunciato attuale, si propone l'adozione della seguente formulazione della disposizione: «Ai sensi del quinto comma dell'art. 119 della Costituzione, in favore dei comuni della Regione siciliana e della Regione Sardegna, sono destinati euro 44 milioni di euro per l'anno 2022, di 52 milioni di euro per l'anno 2023, di 60 milioni di euro per l'anno 2024, di 68 milioni di euro per l'anno 2025, di 77 milioni di euro per l'anno 2026, di 87 milioni di euro per l'anno 2027, di 97 milioni di euro per l'anno 2028, di 107 milioni di euro per l'anno 2029 e di 113 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2030 per il finanziamento e lo sviluppo dei servizi sociali comunali svolti in forma singola e associata». Dall'accoglimento del presente ricorso conseguirebbe il mantenimento dei contributi speciali, sotto forma di intervento speciale di perequazione ai sensi del comma 5 dell'art. 119 della Costituzione, che, venendo collocati fuori dal Fondo, dovrebbero, tuttavia, essere ex novo finanziati da parte dello Stato nella misura prevista dalla disposizione impugnata. Quanto alle maggiori risorse allocate sul Fondo dal comma in esame, stante il venire meno del vincolo di destinazione, fermo restando l'ammontare complessivo del suddetto Fondo come determinato dal comma 564 della medesima legge, esse non potrebbero che essere ripartite secondo la regola generale, da estrapolarsi anche implicitamente, del differenziale tra capacita' fiscali e fabbisogni standard. Si insiste, pertanto, per l'accoglimento della dedotta eccezione di incostituzionalita'. 4) Impugnazione dell'art. 1, comma 564, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, per contrasto con gli articoli 5 e 119, commi 1, 3, 4 e 5, della Costituzione. 4.1) La disposizione impugnata, recependo sotto il profilo quantitativo gli incrementi di risorse previsti dai denunciati commi 172, 174 e 563, adegua l'ammontare del Fondo di solidarieta' comunale fino all'anno 2030, cosi' «cristallizzando» il vincolo di destinazione dei maggiori finanziamenti attraverso il rinvio ai commi citati. Essa stabilisce quanto segue: «In considerazione di quanto disposto dai commi 172, 173, 174 e 563 del presente articolo, all'art. 1, comma 448, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, le parole: "in euro 6.855.513.365 per l'anno 2022, in euro 6.980.513.365 per l'anno 2023, in euro 7.306.513.365 per l'anno 2024, in euro 7.401.513.365 per l'anno 2025, in euro 7.503.513.365 per l'anno 2026, in euro 7.562.513.365 per l'anno 2027, in euro 7.620.513.365 per l'anno 2028, in euro 7.679.513.365 per l'anno 2029 e in euro 7.711.513.365 annui a decorrere dall'anno 2030" sono sostituite dalle seguenti: "in euro 6.949.513.365 per l'anno 2022, in euro 7.107.513.365 per l'anno 2023, in euro 7.476.513.365 per l'anno 2024, in euro 7.619.513.365 per l'anno 2025, in euro 7.830.513.365 per l'anno 2026, in euro 8.569.513.365 per l'anno 2027, in euro 8.637.513.365 per l'anno 2028, in euro 8.706.513.365 per l'anno 2029 e in euro 8.744.513.365 annui a decorrere dall'anno 2030"». 4.2) La disposizione impugnata, stante il divieto dell'introduzione di vincoli di destinazione, nonche' il criterio di distribuzione delle risorse del Fondo perequativo, basato sulle minori capacita' fiscali per abitanti, secondo quanto previsto dall'art. 119, comma 4, della Costituzione, e' incostituzionale nel suo incipit, segnatamente, limitatamente alle parole «In considerazione di quanto disposto dai commi 172, 173, 174 e 563 del presente articolo,». Essa lede, altresi', il canone dell'autonomia finanziaria degli enti locali, ostacola il principio del piu' ampio decentramento, cui aderisce il nostro ordinamento costituzionale, ed infrange la sostanziale disciplina della perequazione e il principio di tipicita' degli strumenti perequativi, come delineata nei commi 3 e 5 dell'art. 119 della Costituzione. 4.3) Invero, qualora intervenisse l'auspicata declaratoria di incostituzionalita' di questa porzione dell'enunciato legislativo, unitamente al venire meno del vincolo di destinazione sulle maggiori risorse stanziate dalla legge di bilancio per il 2022 dai precedenti commi gravati nella presente sede, l'intero ammontare degli ulteriori finanziamenti posti in essere dal comma 564 sarebbe messo a disposizione per la distribuzione alla generalita' dei comuni secondo la piu' volte citata regola, costituzionalmente obbligata, della differenza tra le capacita' fiscali e i fabbisogni standard, sancita dall'art. 1, comma 449, lettera c), della legge 11 dicembre 2016, n. 232. 5) La normativa di risulta. In conclusione del presente ricorso, al fine di delineare appieno il senso dell'operazione manipolativa richiesta a codesta ecc.ma Corte e gli obiettivi che il consiglio delle autonomie locali della Regione Liguria si prefigge di ottenere attraverso di essa, giova trascrivere di seguito la normativa che residuerebbe in esito ad una eventuale pronuncia di incostituzionalita' nel senso precisato. Art. 1, comma 172, della legge 30 dicembre 2021, n. 234: «All'art. 1, comma 449, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, la lettera d-sexies) e' sostituita dalla seguente: "d-sexies) destinato ai comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della Regione Sardegna quanto a 120 milioni di euro per l'anno 2022, a 175 milioni di euro per l'anno 2023, a 230 milioni di euro per l'anno 2024, a 300 milioni di euro per l'anno 2025, a 450 milioni di euro per l'anno 2026 e a 1.100 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2027, da distribuire in conformita' alla lettera c), primo periodo, del presente comma"». Art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2021, n. 234: «Al comma 449 dell'art. 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, dopo la lettera d-septies) e' aggiunta la seguente: "d-octies) destinato ai comuni delle regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della Regione Sardegna, quanto a 30 milioni di euro per l'anno 2022, a 50 milioni di euro per l'anno 2023, a 80 milioni di euro per l'anno 2024, a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026 e a 120 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2027, da distribuire in conformita' alla lettera c), primo periodo, del presente comma"». Art. 1, comma 563, della legge 30 dicembre 2021, n. 234: «Ai sensi del quinto comma dell'art. 119 della Costituzione, in favore dei comuni della Regione siciliana e della Regione Sardegna, e' destinato un importo di 44 milioni di euro per l'anno 2022, di 52 milioni di euro per l'anno 2023, di 60 milioni di euro per l'anno 2024, di 68 milioni di euro per l'anno 2025, di 77 milioni di euro per l'anno 2026, di 87 milioni di euro per l'anno 2027, di 97 milioni di euro per l'anno 2028, di 107 milioni di euro per l'anno 2029 e di 113 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2030 per il finanziamento e lo sviluppo dei servizi sociali comunali svolti in forma singola e associata». Art. 1, comma 564, della legge 30 dicembre 2021, n. 234: «All'art. 1, comma 448, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, le parole: "in euro 6.855.513.365 per l'anno 2022, in euro 6.980.513.365 per l'anno 2023, in euro 7.306.513.365 per l'anno 2024, in euro 7.401.513.365 per l'anno 2025, in euro 7.503.513.365 per l'anno 2026, in euro 7.562.513.365 per l'anno 2027, in euro 7.620.513.365 per l'anno 2028, in euro 7.679.513.365 per l'anno 2029 e in euro 7.711.513.365 annui a decorrere dall'anno 2030" sono sostituite dalle seguenti: "in euro 6.949.513.365 per l'anno 2022, in euro 7.107.513.365 per l'anno 2023, in euro 7.476.513.365 per l'anno 2024, in euro 7.619.513.365 per l'anno 2025, in euro 7.830.513.365 per l'anno 2026, in euro 8.569.513.365 per l'anno 2027, in euro 8.637.513.365 per l'anno 2028, in euro 8.706.513.365 per l'anno 2029 e in euro 8.744.513.365 annui a decorrere dall'anno 2030"».